C’era una volta Quentin, recensione del film
Citando Quentin Tarantino in four rooms: “Quando bevi champagne dici che bevi champagne ma quando bevi crystal devi dire che bevi crystal!”. Quando si va al cinema per un film è giusto nominare il titolo del film. Ma quando si tratta di un film di Tarantino bisogna dire che è un film di Tarantino. Giusto?
Quentin. Si ma anche no!
L’opinione di chi scrive è che Tarantino sia uno dei registi più amati dai neo-cinefili. Per spiegarvi che cosa intenda userò il paragone con i neo-fan dei Queen diventati tali dopo Bohemian Rhapsody. Metto le mani avanti: ho visto tutti i film di Tarantino e vedrò sicuramente tutti quelli che usciranno in futuro. Ho il portafogli con la scritta “Bad Mother Fucker” e conosco i dialoghi di “Le Iene” a memoria. Però sinceramente considero il nostro regista di origini italiane in una parabola discendente. Per la precisione una parabola tendenzialmente discendente iniziata dopo Jakie Brown (escluso).
Quentin si ama o si odia?
Questo per mettere le mani avanti visto che pare che Tarantino o lo si ami o lo si odi. Io personalmente mi colloco nel mezzo e vi anticipo subito che C’era una volta Hollywood non mi è piaciuto neanche un po’.
C’era una volta Hollywood
Innanzitutto diciamo che stiamo parlando di un film. Possiamo omettere di inserire l’ormai obbligatoria dicitura SPOILER ALERT perché di fatto non c’è nulla da spoilerare. Se una sommaria descrizione del film può essere: “Assistiamo alla altalenante carriera di un attore hollywoodiano ed alla sua controfigura” questa descrizione è anche l’esatta trama del film. Per lo meno per 2 ore e 15 minuti.
Gli attori e loro ruoli
Per questo periodo di tempo assistiamo a quello che è uno spaccato dell’essere un divo alle prese con la scelta dei personaggi da interpretare. Una carriera che rischia di specializzarsi sui personaggi cattivi e perennemente sconfitti, e dover emigrare per continuare a lavorare (nella fattispecie in italia). Tutto qui. Ma la cosa peggiore è che in questa altalenante carriera non c’è nessuna empatia. Non ci immedesimiamo, non siamo solidali, neanche odiamo il personaggio di Di Caprio.
Il film non decolla
Le situazioni proposte non sono avvincenti e sembrano non esserci idee di fondo se non quella di mostrare una sorta di meta-cinema quando seguiamo di caprio in un western. Nulla che faccia urlare al miracolo i cinefili che di “film che parlano di fare un film” ne hanno visti a bizzeffe. Ai neo-cinefili probabilmente sarà piaciuto. Allo stesso tempo si assiste anche alla carriera della controfigura di Di Caprio ovvero Brad Pitt.
Quentin e Brad Pitt
Con lui purtroppo Tarantino da il peggio di sé. Alterna una serie di scene (decisamente troppo lunghe) senza dialoghi in cui lo seguiamo fare cose banali. Ad es empio girare in auto o riparare antenne della tv. Purtroppo in queste scene (soprattutto quelle in auto) ci sono dei veri e propri errori di montaggio.
Il montaggio pare sfasato
Capiamoci non ho la pretesa di insegnare nulla a Tarantino ma se mi fai vedere 2 minuti di Brad Pitt che gira per Los Angeles in una macchina fighissima anni 60 con gli occhiali da sole ed i capelli al vento mentre ascoltiamo altra musica fighissima anni 60 hai gioco facile. Grazie che viene fuori una scena d’impatto. Persino il nostro Cannavacciuolo dice che se hai dei buoni ingredienti come il Grana Padano, il prosciutto di Parma e la mozzarella di bufala puoi anche non cucinarli perché il piatto esce buono per forza.
Vince la noia, caro Quentin
Però non puoi dopo 2 minuti della suddetta scena, e dopo aver raggiunto il climax con la musica figa, cambiare leggermente inquadratura. Tipo poggiando la camera sul sedile del passeggero e propormi un altro minuto di inquadratura di Pitt. Sempre al volante ma cambiando la musica. L’effetto annoia e parecchio pure. Si ha quasi la sensazione che Tarantino abbia voluto usare tutto il girato senza selezionare le scene.
A volte meno è meglio
Diciamo che se avesse “asciugato il film” molti difetti non sarebbero stati tali. Ho sentito molti neo-cinefili considerare queste lunghe scene come una sorta atto d’amore verso il cinema della semplicità. La mia opinione è che sia carenze di idee. Perché in queste scene neanche la fotografia è particolarmente curata.
Facciamo un gioco?
Potrei azzardarmi a dichiarare che se sottoponessimo il film a qualcuno che non sa che stiamo parlando di un film di tarantino non se ne accorgerebbe neanche. Sinceramente manca la sua mano nei dialoghi. Ad esempio una delle definizioni più belle che ho letto di Pulp Fiction è che è un film di chiacchiere. Manca la sua mano nelle riprese, nel montaggio che stravolge la linea temporale. L’unico tocco tarantiniano è relativo al feticismo dei piedi. Sono inquadrati di continuo, preferibilmente sporchi. Diavolo di un Quentin!
C’è poca azione
Gli unici tentativi d’azione in queste prime 2 ore e 15 minuti sono relative a Brad Pitt che prende a pugni un hippy. Questo dopo una scena che dovrebbe essere di tensione ma che è talmente inutile ed inconcludente da risultare irritante. E poi quando mette al tappeto addirittura Bruce Lee. Avevo letto la polemica da parte della figlia di Lee relativamente a questa scena e quando l’ho vista ho capito perchè. Bruce Lee fa la figura del fesso!
Quentin toppa con Bruce Lee
Anzi vi dirò di più: avete presente quelle comparse ricorrenti nei film di Bud Spencer e Terence Hill? Quelle che quando comparivano in scena sapevamo già che le avrebbero prese? Ecco. Tarantino tratta Lee esattamente come quelle comparse. Ad un certo punto mi aspettavo che Pitt stendesse Lee con un pugno a martello sopra la testa. E dire che Bruce Lee è uno dei miti di Quentin tanto da averlo omaggiato più volte nella sua filmografia. Bah…
Cosa salviamo?
Arriviamo ora all’unica parte da salvare del film ovvero gli ultimi 15 minuti. Anche qui niente spoiler ma a meno che non siate neo-cinefili avrete già capito che cosa è successo. E anche cosa può succedere in Cielo Drive nel 1969 a Margot Robbie che interpreta Sharon Tate. Anche qui si sono sprecati i commenti positivi su come Tarantino ha ritratto Sharon Tate. Ovvero come una ragazzina ingenua che si emoziona a rivedere se stessa al cinema e timorosa del giudizio del pubblico.
Fragilità per fare presa sul pubblico
A mio parere ha semplicemente appiccicato addosso a Sharon Tate (che non ha mai conosciuto) una immagine fragile e candida. Anche qui gioco facile. La cosa peggiore è che questi ultimi 15 minuti sono praticamente incollati al resto del film senza una reale concatenazione. Succede e basta. Prima del finale avremmo potuto assistere ad un film completamente diverso. Ed è questo che probabilmente spiace più di tutto.
L’unico tocco Tarantiniano nel finale (che non svelo) è lo stesso usato in “Bastardi senza gloria” per cui niente di davvero nuovo per Quentin.
Voto 5-
Ora vi saluto amici lettori e vi consiglio qualche lettura distensiva post film!