Arcade story, giorno sette. Ikari warriors

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L’ultimo suono udito da Harry era il ticchettio di un orologio accompagnato dalla voglia di fare una bella partita a Ikari Warriors. I suoi occhi, li sentiva come immersi in un liquido. Ma forse non era solo una sensazione.

Quella voglia di ikari warriors

Silenzio. Il suo corpo pare senza peso, le braccia aperte. Suoni ovattati arrivano alle orecchie, che sembrano immerse in qualche liquido. Harry apre gli occhi e diavolo, la faccia è in acqua. Vedo un fondale sabbioso a mezzo metro dalla faccia e d’istinto mi tiro su in piedi. “Ah eccolo, è riemerso il sub”. E’ la voce di Melinda alla quale fa eco la risata squillante di Baby. Sono confuso, esco di corsa ma goffamente dall’acqua del mare e vado a sedermi sulla battigia. Nessuno pare curarsi della cosa, meglio così. Nella mia testa un vortice confuso mi impedisce di ricordare nitidamente i fatti.

Ricordi dal giorno prima

Ricordo una stanza, lontano da qui. Ricordo il suono del mare ma non di esserci a faccia in giù e rischiare l’annegamento. Un pensiero mi sobbalza in testa, non ci avevo mai fatto caso nel mio peregrinare in questa realtà passata: ma se muoio qui? Potrei avere problemi anche nella realtà del futuro presente? Harry hai guardato troppi film di fantascienza, che pensieri sono mai questi.. Faccio un bel respiro e prendo coscienza di me. Mi ritrovo sempre al solito posto, vuol dire che qualcosa mi fa ripartire sempre da qui.

Persone che non ci sono più

Mi giro pigramente mentre il sole caldo mi fa pian piano riprendere dalla confusione. Il brusio e il sottofondo musicale che fuoriesce dai molti radioloni adagiati sugli asciugamani mi fanno stare bene. Una signora sulla quarantina mi fa dei cenni in lontananza. Stringo gli occhi e metto a fuoco, ma non può essere. Fermati, respira. Ragiona. Non può essere vero magari nel presente del futuro, ma in questo passato presente ho capito che nulla è impossibile. E’ mia mamma. Mi alzo, cerco di non far trapelare l’enorme emozione che sto provando. Mia mamma è mancata da molti anni ormai, fa parte dei ricordi della vita. Ma qui il ricordo è vivo, è davanti a me.

Adry, il socio di sempre ad Ikari Warriors

“Ciao disgraziato” mi dice ridendo schioccandomi un bacio sulla guancia. Silenzio, non riesco minimamente a dire una sola parola. “Guarda che stamattina è arrivato Adriano, ti sta aspettando con due borse al bar dell’Hotel La Gioia. Cosi lo accompagni dove siete accampati coi tuoi amici. Non oso immaginare che casino che ci sarà in quell’alloggio.”. La abbraccio. Forte. Un istante che non vivevo da tantissimo ma ancora così famigliare. Mi giro e corro verso il bar. Corro, noncurante di essere scalzo e in costume. Corro, con l’emozione di un bambino che si gode quell’istante.

I problemi di memoria non mancano

Adriano è li, seduto sulla panchina in pietra che si guarda in giro. Mi vede e ride. “Ciao bestia” mi dice con la solita voce squillante. “Ciao Adry! Quando sei arrivato?”. L’amico mi guarda stranito e ridendo mi risponde “Fatto serata ieri eh? Guarda che occhi che hai. Sono arrivato stamattina in Piazza Drago con la corriera. Ma non ti ricordi? Ci siamo sentiti ieri mattina, mi hai telefonato da una cabina!”. Ovviamente non ho minimamente presente di cosa stia parlando. Il mio pensiero è focalizzato altrove: dove lo devo portare? Non ho la minima idea di dove sia questo fantomatico alloggio.

Verso la bocca del Drago

Temporeggio, ho un idea. “Andiamo al bar della mia amica, te la presento”. Ci dirigiamo così verso la via principale. La gente mi guarda, in effetti sono scalzo x strada e solo con un costume addosso e il marsupio allacciato in vita. Per fortuna arriviamo in fretta al bar ed entriamo. “Ciao Melinda!” esordisco. Ma cerco tutt’altro. Eccolo. L’orologio appeso mi dice che è il pomeriggio del 3 agosto, anno 1993. Ore 14.30. Wow, almeno il giorno è cambiato! “Ti presento Adry, è un mio caro amico che è arrivato stamattina”. Ordiniamo due spritz e mentre Adry chiacchiera con Melinda cerco di farmi venire in mente cosa diavolo fare. Non so dove lo devo portare, sto conoscendo pian piano questo posto. La bocca del Drago è dall’altra parte della strada e visto che la parola d’ordine è prendere tempo ho un’idea.

Verso Ikari Warriors

“Oh Adry, bevi in fretta che per festeggiare ti porto qui davanti” indicando la sala giochi. So bene la sua passione per le partite in doppio, qualcosa poi succederà! Lasciamo le due borse da Melinda ed entriamo così nella bocca del Drago. “Wow ma che posto è mai questo!” esclama stupito Adriano. Effettivamente l’andarci spesso fa quasi abituare a tanta magnificenza videoludica. Lo lascio girare senza fretta, qui a Cava del Sol lei, la fretta, non esiste. Ogni cabinato è una magia di colori, un carillon di suoni.

La magia della sala giochi

Qui dentro siamo tutti uguali, e non è una mera frase fatta. La sala giochi è l’abbattimento di ogni barriera. Siamo tutti uguali quando messi davanti ad un cab, il pugno di monete in nostro possesso ha il medesimo valore per chiunque, ricco o povero. Ti puoi trovare a parlare di tal gioco con un perfetto sconosciuto, fumarci una sigaretta insieme. Capita spesso di fare amicizia anche con gli avvoltoi che stanno appollaiati al tuo fianco mentre stai facendo il punteggio della giornata. Siamo tutti assiepati, attaccati gomito a gomito a respirare la stessa aria viziata. In quei frangenti penso brevemente al futuro, quello dall’altra parte, e al concetto di gioco on line. E rido. Quante emozioni, sensazioni ed amicizie si perde chi non gioca gomito a gomito.

Un doppio ad ikari warriors

Mentre sono li che ammiro i cabinati messi ordinatamente in fila arriva Adry con gli occhi brillanti di gioia. “Porca miseria, ma qui non so da che parte cominciare”. Glielo dico io “Ti do un indizio: ci giochiamo sul commodore 64 in due”. Pur essendo molti i titoli giocati in coppia il mio amico non tarda a darmi la risposta. “Ikari Warriors!”. Esatto, ed è anche un po che ho voglia di giocarci, me la porto dietro dal futuro. Il cabinato è li, come ci stesse aspettando. Due gettoni e via, il doppio è servito. Il titolo in questione inizia ad essere vintage anche per il 1993 di questa bellissima realtà alternativa ma come i grandi classici che si rispettino la sua presenza nelle sale giochi è tassativa.

Ikari Warriors, l’inizio

Eccolo, l’aereo che precipita nella giungla in pieno territorio nemico. Ovviamente gli unici due superstiti sono i due protagonisti del gioco. Agghindati alla moda di Rambo due ecco i nostri due impavidi guerriglieri cercare di farsi largo nella foresta. Mi sovviene la prima curiosità. Per la versione commodore casereccia i protagonisti si chiamano Paul e Vince. Ma erano veramente i loro nomi? Ce lo domandiamo da sempre visto che in seguito, nel futuro, il gioco King of fighters li riciclerà con i nomi di Ralf Jones e Clark Still. “Dai Adry muovi il culo che questi ci sparano da tutte le parti”. Niente, il mio amico pare perso nel vuoto a rimirare la magnificenza di questo posto. Lo riporto su questo mondo prima di perdere vite inutilmente. I soldati nemici escono dalla vegetazione, si piazzano e sparano.

Ikari Warriors e i suoi controlli

Noi conosciamo bene Ikari. E’ un gioco tosto, di quelli dove la difficoltà è calibrata dal difficile all’impossibile. Ma con le partite in coppia abbiamo imparato una tattica e soprattutto ormai sappiamo quasi a memoria da dove escono i nemici e dove si fermano. Così facendo possiamo piazzarci in posizione da evitare le pallottole ma al contempo di sparare le nostre a colpo quasi sicuro. I comandi del gioco sono validi, ci permettono un’azione a 360 gradi visto che il gioco ha la particolarità di poter ruotare il personaggio su se stesso. La grafica è sempre bella, si rischia di perdersi un poco in mezzo alla rigogliosa vegetazione della giungla.

Nemici e amici di Ikari Warriors

“Harry ammazza quel soldato rosso che ci da i power up” mi esorta il mio socio. “Sei arrugginito Adry, non ci danno sempre il bonus”: classici batti e ribatti del buon vecchio modo di giocare in coppia. Procediamo celermente, a volte delle costruzioni in pietra sparano in tre direzioni e ci mettono un po in crisi. Ecco un carro armato “Saltaci dentro socio” urla Adry in preda ad una sorta di esaltazione. E vada, che carro sia. Comodo per certi versi, si spara e si schiacciano i nemici, ma che noioso da manovrare. Ci sono dei corsi d’acqua che il personaggio può attraversare a discapito di un po di velocità, mentre il mezzo pesante deve per forza allungare e seguire il percorso sui ponti di legno.

Ikari Warriors, primo ponte sospeso

Il livello scorre non senza le sue belle difficoltà e non si può non notare quanto impegno sia stato riversato all’epoca alla realizzazione di questo gioco. Sudando non poco arriviamo alla fine della prima parte e ci aspetta il lungo ponte sospeso. Il trucco è semplice: uno entra nel carro e fa un macello, l’altro segue dietro. Si sfonda in pochi secondi e ci si addentra tra le mura fortificate. RIusciamo a tenere il carro armato integro e ciò in questo caso è un bene visto che la situazione colpi volanti e nemici da qui inizia  farsi critica. Come non bastasse mettere il piede su una mina è quantomai facile. Sarà un caso che si trovano sempre molto vicine ai potenziamenti da raccogliere? Arrivarci su in velocità spesso si conclude con un boato. La benzina del carro non è infinita.

Sudore e sangue. Ecco cosa erano i giochi di una volta

“Adry dai vai avanti più che puoi, cerca di seccare i carri verdi e rossi perchè io da qui dietro sto impazzendo”. Sudore e sangue, questo erano i giochi dell’epoca. Giochi che in quel presente passato sono la regola e che nel presente futuro andiamo con insistenza a ricercarci. Cerchiamo conversioni più o meno fedeli o la più perfetta emulazione di questi mastodontici arcade. Schede pregne di processori raccolte in pochi Kilobyte di codice. Nella realtà temporale a cui dovrei fare riferimento abbiamo accesso ai più completi e complicati giochi, densi di un realismo quasi esasperato. Ma andiamo alla ricerca del pixel, del colore netto, finto. Come a voler tracciare un profondo solco tra reale e virtuale.

Il nostro mondo segreto, rigorosamente a 320

In effetti il discorso fila, non c’è storia. Viviamo una vita dove cerchiamo un piccolo posto tutto per noi, rigorosamente finto e palesemente a 320. Ed è presente qui, ovunque, in questa realtà targata 1993. Dimensione alla quale vorrei fare riferimento. I miei pensieri proseguono mentre proiettili e bombe mi fischiano accanto. Ma vengo distratto, perdo maldestramente una vita. Sento una persona appoggiarsi alla mia sinistra: è Baby. “Ciao ragazzi, stavo andando dalla Melinda quando ho incrociato Diego che passava per venire alla Drago e mi sono unita”. Diego stava a fianco ad Adry, la sua figura lunga e magra lo sovrasta in altezza.

Il mare in Ikari Warriors

“Dai Socio, butta giù quelle due fortificazioni”. Adry col carro ci sa fare, recupera una tanica di benza e viaggia come un pazzo evitando bombe a mano e colpi di cannone. Ma come tutti i sogni ha una fine, eccoci arrivati al mare, dove si deve per forza proseguire a piedi nonchè rallentati in acqua. I nemici possono essere colpiti solo quando sono per metà emersi e quando vengono uccisi sembrano lievitare sulla distesa blu, uno dei pochissimi bug del gioco. Mannaggia l’elicottero, lo avevo scordato. Spara in otto direzioni e dobbiamo centrarlo con una bomba a mano per liberarcene. Ogni tanto un pezzetto di terra emersa ci da un attimo di fiato ma ad un elicottero ne segue un secondo ed un terzo.

La difficoltà ci manda in apnea

Stiamo trattenendo il respiro, come fossimo li immersi nell’azione più frenetica. Fanno la loro comparsa anche i nemici con lanciafiamme, come ci fosse bisogno di aumentare il livello di sfida. Questi programmatori erano diabolici ma facevano di necessità virtù. In effetti la stragrande maggioranza dei giochi arcade aveva una durata totale di massimo 20 minuti perciò renderli difficili se non quasi impossibili era l’unica via per dare l’idea di avere a che fare con un gioco lungo e longevo. E anche di far riempire gli slot delle monetine e gettoni. La visione di una spiaggia e di una fortificazione ci fa vedere la luce. Stiamo entrando nella città distrutta, e qui le cose si fanno complicate, più di prima.

Servono gettoni!

“Baby mi vai a cambiare 4 gettoni?”. Lei mentre gioca mi prende il marsupio e va alla cassa. Sbrigati che qui siamo messi male, per fortuna Diego ha con se un paio di gettoni avanzati da qualche sua partita e ce li butta nel posacenere del cabinato. Un carro e l’abilità di Adry nell’usarlo senza subire danni aiutano molto a superare questo primo assembramento civile e  portarci alle rovine. Qui dai lati si alternano soldati blu a trappole micidiali ma morendo un paio di volte siamo arrivati ad un altro ponte sospeso. Dove diavolo si è cacciata Baby? Abbiamo si e no un paio di gettoni buoni e poi il nulla.

Arrivano le stranezze

Improvvisamente la mia attenzione viene catturata da un particolare che non ricordo essere stato sempre tale. La sala giochi è silenziosa. Troppo. Quando mai una sala giochi è silenziosa? Nemmeno il suono ipnotico dei cabinati accesi. Adry butta dentro uno dei gettoni e io sono all’ultima vita. “Socio, piglia il carro, pulisci il ponte. Io vado a prendere i gettoni per continuare”. Mi giro e l’immagine che mi si palesa innanzi è da brividi: la sala giochi è vuota, i cabinati tutti con la schermata grigia. Silenti.

Il panico sta salendo

Sono immobile ma ho il fiato corto, come avessi corso per ore. Non ho più saliva in bocca quando mi muovo verso la cassa presente all’uscita. Ho percorso solo pochi metri quando vedo il mio marsupio a terra, abbandonato. Lo raccolgo e me lo lego in vita senza nemmeno guardare se dentro c’è ancora quel poco che trasporto. Dove sono finiti tutti? Almeno chi ricordo essere stato qui con me fino a pochi istanti fa. Istintivamente mi giro indietro, passando con lo sguardo i grigi monitor fino d arrivare all’unico acceso. Chissà perchè mi aspettavo di vederti li, caro Lucius.

C’è Lucius al cabinato di Ikari Warriors

Mi avvicino a passi lenti al cabinato di Ikari Warriors. Wagner era li, intento a procedere nel gioco. “Ciao Harry, che fai mi guardi? Non finisci la partita?” Dopo il lungo ponte il paesaggio pare essere di nuovo quella foresta dell’inizio. “Non ho gettoni Lucius, qui non cè piu nessuno”. “I gettoni – esclama ridendo il piccolo ragazzino – non vedi che li hai in mano?”. Focalizzo l’attenzione nella mia mano destra e la sento stranamente piena. Sono certo che poco prima non era così. La apro, dentro ci sono 4 gettoni. Era la quantità che avevo in mente di acquistare. “Lucius come hai fatto? Possibile che ogni volta che appari tu, praticamente dal nulla, succedono cose fuori da ogni logica?”.

La questione della logica

Come un un fermo immagine di un film su una vecchia Vhs tutto pare essersi fermato di colpo. Guardo il videogioco e anche esso pare essere in pausa. Impossibile penso tra me e me. “Logica? Harry parlami un po della logica che c’è nel piombare in una dimensione datata 1993 e considerarla reale. Raccontami un po la logica che si nasconde nel rivivere, rielaborandole, esperienze che già conosci. Il Deja Vu, così lo si chiama di solito, dovrebbe essere un flash, un’esperienza fugace. Prenderlo e renderlo la realtà che si vuole vivere è fuori da ogni logica. Ed è per questo che è dannatamente affascinante vero?”.

Il gioco continua

Di colpo il gioco riparte e io, pur cercando le parole per reggere il confronto, fatico ad elaborare qualsiasi pensiero. Metto uno dei gettoni e continuo il doppio. Proprio quando da superare c’è un lungo tratto di mare con tutti i problemi che ne derivano. Ecco, siamo alla fine arrivati alla base militare, luogo dove ogni ben di dio si concentra con l’unico scopo di farci secchi. Elicotteri, carri armati e nemici arrivano da ogni dove, è una pioggia di fuoco adesso. Lucius ha il dono di anticipare di quel nonnulla le mosse nemiche e di evitare ogni tipo di proiettile mentre io a malapena tengo il suo passo e non posso fare altro che inserire un altro gettone per continuare.

La fine di Ikari Warriors

Ora è una piana grigia, un’esplosione continua. Dobbiamo fare lo slalom tra muri armati di cannoni e procedere. Un’alta parete muraria mi fa ricordare che siamo alla fine, la claustrofobia è resa perfettamente ma non sono certo se sia dovuta al gioco o alla situazione. Il tappeto rosso, lo vediamo finalmente! La fortificazione sta per cadere, eccoci innanzi al colonnello Cook, lo abbiamo salvato! Come la quasi totalità degli arcade degli anni 90 il gioco riprende con una difficoltà maggiore, cosa che non voglio nemmeno immaginare. Mi manca l’aria, Lucius ride, un suono che credo di non aver mai sentito nemmeno nel più tremendo film horror. Una lieve nebbiolina ricopre il pavimento della sala giochi.

La paura e la caduta

Mi catapulto fuori con una corsa forsennata mentre sento i piedi librare nel vuoto. Oddio, che sta succedendo? Ho paura. Mi trovo disteso per terra, con la faccia sul marciapiede. Scorgo piedi e gambe, la gente si ferma. Sento ridere sguaiatamente. Mi rendo conto di essere semplicemente caduto rovinosamente al suolo. Vedo una sagoma chinarsi su di me, è Baby. “Harry ma vedi dove metti i piedi?” continuando a ridere. “Eh scusa, non ho più visto nessuno.. non c’era più un anima viva li dentro.. eravate tutti andati via, tutto grigio…”. Harry si rialza dolorante mentre gli occhi di Baby lo guardano. Il lontananza da una macchina parcheggiata eccheggia la canzone “Love sees no colour”. Ho già vissuto questo momento. Ne sono certo. Respiro, prendo il polso di Baby e guardo il suo orologio. Sono le ore 14.32.
Mic the Biker vi saluta e vi da appuntamento al prossimo articolo. Ora qualche consiglio per voi dal nostro blog.

Michele Novarina

Mic, tre lettere come negli highscore di una volta. Appassionato di videogames dagli albori degli anni 80.

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2 risposte

  1. Lorenzo ha detto:

    Sarà che son del 76′, sarà che è scritto bene e sarà che mi hai quasi fatto scendere la lacrimuccia… Ma non vedo l’ora di scoprire come andrà a finire!
    Grazie!

    • Michele Novarina ha detto:

      Grazie di cuore. A breve uscirà il nuovo capitolo. Purtroppo il tempo è poco e non sto riuscendo ad essere veloce come vorrei nella stesura di questo che poi diverrà, nelle mie intenzioni, un libro.

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