The Last Ninja

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Le leggende non muoiono mai

Ciao a tutti amici di Commodoreblog.com, oggi Mic the biker parla un po’ del capolavoro targato system3 che risponde al nome di the last ninja.
Solitamente i giochi per C64 sono materia di studio di Cris l’anziano e Max Caifo ma io son vecchio, il biscottone fu il mio primo arnese domestico nel 1986 e di conseguenza ho molti anni di esperienza sul campo!
Poi ormai si sa, le mie non sono vere e proprie recessione quanto più una chiacchierata tra amici dove vengono sciorinati ricordi e aneddoti di vita passata.

Per il sottoscritto è il miglior gioco di sempre

Voglio partire da un presupposto a mio avviso importante: per il sottoscritto il gioco in questione è il più bel gioco mai fatto. Lo so che il secondo è pure meglio ma il primo è un altra cosa. Io motivo è sempre il medesimo, ovvero il fattore “vissuto”. Ricordo ancora come scoprii questo gioco: un mio compagno di classe, tal Giuseppe Ugo (che tra l’altro ci legge sempre) mi invitò a casa sua per fare compiti. Pratica sbrigata in mezz’ora perché c’era da vedere un gioco nuovo. Lui aveva il C128 e buttò su la cassetta copiata, rigorosamente presa da Americans Games in via sacchi a Torino. Già la schermata di caricamento mi aveva stregato, quei due occhi che ti fissano mentre le righe colorate del loader correvano.

I lunghi caricamenti da cassetta

Un tempo i tempi di caricamento da cassetta variavano dal lungo al titanico ma non era un problema, si chiacchierava con l’amico a fianco, era il nostro modo di essere social. Finito il caricamento ci appare una schermata isometrica con il personaggio, in basso una barra power, uno spazio per le weapon. Di lato una barra di energia enemy, uno spazio using e uno holding. Ok, che si deve fare? La prima mezz’ora la passiamo a capire che per andare dritto in senso isometrico si deve andare in diagonale. E attenzione, la cosa non è banale, nel proseguire il gioco è fondamentale. Passa il joy a me, tienilo te, fai provare, prova te alla fine sapevamo andare dritto, fare delle capriole e tirare dei calci e dei pugni. Scommetto che a molti pare incredibile riuscire a fare una così vasta gamma di movimenti con un solo pulsante ma una volta le cose funzionavano meglio.

Le leggendarie copie delle cassette…

Era ora di andare a casa ma non senza essermi fatto una copia della cassetta in questione. Il viaggio in bus sul mitico 64 pareva non finire mai. Volevo solo andare a casa, accendere il mio C64 e fare press play on tape. Ricordo perfettamente che feci cena in circa 6 minuti alle 18.30 per poi fiondarmi in camera. Erano belli i tempi in cui non ci pesavano i lunghi caricamenti da cassetta. Ora se non abbiamo tutto pronto e subito perdiamo la pazienza e iniziamo (o meglio iniziate) a criticare. I lunghi caricamenti spesso proponevano dei loader che erano capolavori. Le righe colorate erano quasi ipnotiche. Soprattutto quei minuti ci lasciavano il tempo per pensare un po’. A cosa? Beh ognuno aveva le sue questioni, l’età era adolescenziale perciò poteva essere la compagna di classe che ci piaceva come il pensiero del compito in classe del giorno dopo. Compito per il quale avevamo studiato mezz’ora scarsa per “colpa” del videogioco di turno. Qui ci troveremo sull’isola di Lì Fen e dovremo guidare Armakuni verso il palazzo dello shogun Kunitoki, il cattivo di turno.

Caricamento finito, si parte!

Finisce il caricamento e inizia la fase di scoperta. Ok, ci sappiamo muovere perciò iniziamo la fase di esplorazione.
Last ninja è un gioco particolare, una piccola grande rivoluzione nel 1987. È isometrico, c’è azione e c’è avventura. Si devono sconfiggere nemici, strada facendo si trovano armi, come all’inizio è fondamentale iniziare scendendo in basso, evitare lo scontro per poter correre a prendere la spada. Fatto questo si inizia a ragionare. Sempre con un pulsante solo si hanno ben tre tipi di attacchi: affondo più o meno veloce e colpo dall’alto, quest’ultimo il più letale. Inizialmente non si coglie subito quanto sia articolato il gioco ma lo si capisce presto, quando si iniziano a trovare strani oggetti che non sono armi. Bisogna interagire con la tastiera per selezionare armi e oggetti dell’inventario.

Morire faceva parte del percorso di apprendimento

Morire all’inizio è decisamente facile e solo col tempo si comincia a capire la dinamica del gioco. I giorni si susseguono e grazie alla tenacia di noi players si passa ai livelli successivi. La collaborazione era fondamentale. Non c’erano cellulari, internet e social. C’era il buon telefono di casa, quello con la rotella. E la linea diventava hot: appena si riusciva a passare un punto ostico si partiva e si chiamava l’amico per comunicare come si aveva fatto. Si potevano passare pomeriggi interi a vagare per un livello in cerca di un indizio senza riuscire mai a passare oltre. A volte lo sconforto prendeva il sopravvento e si facevano lunghe sessioni telefoniche per cercare di farsi venire un idea.

Le discussioni a scuola

Il giorno dopo a scuola nell’intervallo si tenevano discussioni socratiche tra giocatori ed eventualmente si organizzavano gruppi di studio pomeridiani, dove si studiavano poco le materie scolastiche ma si lottava molto per cercare di avanzare. Del resto noi eravamo ragazzi semplici, ci si accontentava del sei per non incorrere nel blocco del trasformatore da parte dei genitori! Il gioco risultava essere veramente splendido perché nonostante la difficoltà elevata non scoraggiava gli appassionati.

The last ninja alle prese coi salti

Struttura di gioco

L’isola di Lin Fen è suddivisa in sei parti, ognuna delle quali ricca di enigmi da risolvere. Le sezioni in questione sono: the wastelands, the wilderness, the Palace garden, the dungeon, the Palace, the inner sanctum. Gia nel primo livello ci si trova davanti a due aspetti ricorrenti del gioco: le parti apparentemente impossibili e l’approssimativa collisione dello sprite principale con il fondale nelle parti in cui si deve saltare in maniera precisa. Era inizialmente stressante vedere il personaggio affondare in qualche fiume pur trovandosi sopra una pietra! Non restava che procedere x tentativi e trovare una sequenza di salti fregandosene della posizione dei sassi. E che dire delle mille mila prove di salti per passare il drago sputa fuoco per poi scoprire che lo si doveva mandare a dormire!

Livello due

The wilderness ci vede addentrarci in un paesaggio roccioso dove in alcuni punti l’unico modo per proseguire è andare avanti con piccoli movimenti del joy per evitare di cadere nel vuoto! E non vi dico il tempo perso per capire prima come arrampicarsi sulla parete in pietra nonché la millimetrica precisione richiesta nel camminare a ritroso a scatti per poi riuscire a scendere senza cadere! Ma in questo livello ho trovato la prima vera sfida che mi ha fatto sudare. Ho passato giorni a soccombere al soffio dei draghi posti alla fine del livello.

Ovviamente non c’erano salvataggi!

Volevo solo ricordare come all’epoca non ci fosse il salvataggio per che ci semplificasse la vita nonché ogni giorno che si caricava era un rifarlo dal primo livello. Giorni a rifarlo da capo. Si andava per tentativi, le provavi tutte. Per poi toccare quasi per caso un oggetto che ci rende lampeggianti!! Mica tutto banale, si deve letteralmente volare perché l’effetto è a tempo e i nemici sono molti. Ecco che si impara ad usare le shuriken per seccare in un colpo solo i cattivi ed arrivare immuni al soffio del drago!!! Livello passato, eccoci ai Palace Gardens.

Livello tre

E in questo livello ho vissuto quasi un incubo. Dopo aver trovato un trucco sbrigativo per passare il bellissimo fiume con cascata (mi mettevo tutto in basso e poi solo salti lunghi.. Anche se finivo in acqua non affondavo e passavo rapido) mi sono in seguito trovato davanti ad un problema.

The last ninja, enigmi!

C’era da cogliere una rosa ma quando ci provavo morivo sempre. Una giornata per poi spegnere dal nervoso. Dopo un consulto scolastico un amico mi chiese “Ma lo hai preso il guanto?”. Dove, come e quando? Cavolo, nel livello due l’aver dimenticato per strada un oggetto mi aveva bloccato!!

Livello quattro

Passato il livello arrivano i dungeon, un vero e proprio labirinto infestato da letali ragni giganti, fantasmi e scheletri. Qui dovetti organizzarmi un attimo: carta e penna per farmi una piantina del livello perché mi rendevo conto che giravo in tondo. È facile sbagliare strada, son pochi i punti di riferimento, le schermate molto simili. Ci si arrampica poi per il livello the Palace, ricordatevi la corda please!

Livello cinque

Il livello del palazzo è decisamente più lineare e una volta entrati in esso i nemici sono molto cattivi e veloci. Nulla di preoccupante ma secondo voi può essere così semplice? Certo che no! Perché c’è voluto del tempo per capire come passare indenne la schermata con l’armatura da samurai che spara una letale lancia!! Dopo aver toccato il pentolone e aver preso la seguente scalinata si arriva al livello finale.

Livello sei

Inner sanctum è tosto. I nemici uccisi, se si torna indietro, son di nuovo vivi (caratteristica ripresa nel secondo capitolo della saga fin dal principio). Ci son un paio di enigmi per passare avanti, il più bello quello per fermare il letale cane da guardia. Dopo di che eccoci al combattimento finale. Kunitoki picchia forte ma se ci mettiamo di tre quarti e usando il bastone in quattro colpi è morto! Lo schermo finale è qui, davanti a noi. Ma per inginocchiarvi non vi dico nulla!

The last ninja, finale

Il finale, visto oggi, può lasciare un po’ così, ma all’epoca lo ho vissuto con una sensazione di gioia quasi epica. Il sole fuori stava tramontando e filtrava dalla finestra di camera mia mentre mi godevo il momento.

Un gioco che segnò un epoca

Last ninja fu un gioco che segnò un epoca. Ambientazioni splendide alle quali faceva eco una colonna sonora semplicemente perfetta, da dieci e lode. Tutte le musiche furono composte da quel genio che rispondeva al nome di Beh Daglish. Un vero e proprio artista a 360 gradi. Non per niente le canzoni del gioco in questione ancora oggi sono oggetto di remake e remix di ogni genere.
Il tempo passava ma spesso ci si trovava, tra amici, a ricaricarlo. Era come mettere un film. Tre o quattro persone sedute intorno a me, in religioso silenzioso, mentre per l’ennesima volta mi apprestavo a finire il gioco. La trama c’era, la musica anche e gli amici erano lì, mentre dietro di noi il sole tramontava di nuovo.

Ciao a tutti cari lettori. Mic the biker vi saluta e vi consiglia qualche nostro interessante articolo.

Ben Daglish se ne è andato…

Katana Soul – Ancora una partita e smetto.

Michele Novarina

Mic, tre lettere come negli highscore di una volta. Appassionato di videogames dagli albori degli anni 80.

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