Street Fighter II’ – Champion Edition

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Il beat em up che cambiò il genere

Ciao a tutti amici di Commodoreblog.com, oggi ci facciamo una chiacchierata su Street fighter due, nello specifico quello con il piccolo apostrofo: la Champion edition.
Ma partiamo dall’inizio: il 14 febbraio 1991 il mondo dei picchia duro morì. Morì come muore il baco che diventa farfalla. Morì per rinascere diverso e nulla fu più come prima. In quel giorno fu rilasciato l’arcade di Street fighter due. Quello normale, conosciuto come world warrior, con otto personaggi da poter scegliere e quattro finali non selezionabili. Quattro personaggi il cui carisma fece subito capire a capcom che urgeva un upgrade.

18 marzo 1992

Fu così che il 18 marzo 1992 fu rilasciato il primo e forse più famoso aggiornamento del gioco: la Champion edition.
Furono corretti alcuni piccoli dettagli del gioco: innanzitutto in caso il numero massimo di incontri scendeva da 10 a 4. In caso di parità alla fine del quarto incontro in modalità one player si perde, in modalità doppio perdono entrambi.
Poi fu introdotta la possibilità di scontrarsi nei “mirror match”, ovvero di poter avere come avversario il medesimo personaggio con colorazione differente.
Terzo ma molto importante furono incrementate e migliorate le tecniche di lotta degli otto personaggi base in modo da poter avere incontri più equilibrati. Si, perché i quattro personaggi finali, pur subendo una riduzione della loro potenza rispetto alla versione world warrior, sono devastanti.

Il mondo dei picchia duro non fu più lo stesso

Il mondo dei picchiaduro cambiò per sempre. Le basi del primo storico titolo furono amplificate e migliorate: due joystick per giocare in doppio, sei bottoni per avere colpi rapidi ma meno potenti, medi o possenti ma più lenti. La possibilità di eseguire prese e proiezioni. E le combo. Tante combo! Croce e delizia di ogni beat em up che si rispetti da qui in poi.
Ma torniamo un attimo ai personaggi. Credo fu il primo gioco del suo genere ad avere una così marcata e riuscita caratterizzazione degli stessi. Ryu e Ken, I due storici protagonisti presenti anche nel primo cab del 1987, hanno fascino da vendere e le loro combo sono parte della storia dei videogames. Il fatto che ogni combo venga urlata a gran voce, oltre a rendere più coinvolgente la partita, divenne una sorta di moda per chi era avvezzo frequentare bar o sale giochi.

Personaggi altamente caratterizzati

La caratterizzazione dicevo prima. Personaggi come blanka e dhalsim sono entrati rapidamente nell’immaginario comune di quegli anni. Diversi, con mosse diverse da tutti. Chin Li, una donna in un beat em up era più di una rarità. Ma qui c’è, nel più puro look della tradizione cinese e con il suo calcio rotante che é storia.
Zangief il russo riscrive le regole del personaggio lento ma devastante grazie alle sue prese. E Guile il marine americano che gli fa da contraltare in quegli in cui era appena terminata, almeno sulla carta, la guerra fredda. Dal Giappone arriva Honda, un nome già di per sé altisonante, che con il suo sumo era anche egli un qualcosa di mai visto.

I quattro personaggi ora giocabili

In questa Champion edition si possono scegliere altri quattro personaggi. Uno è una vecchia conoscenza, il buon Sagat che era presente nel primo episodio, solo che qui è dieci volte più devastante. Per gli altri tre è doverosa una piccola parentesi: nella programmazione originale erano M. Bison il pugile, Balrog il lottatore spagnolo mascherato e Vega, il super cattivo leader dell’organizzazione segreta Shadaloo. Sorse poi un problema, ovvero una bella grana di diritti di immagine negli stati uniti. Il pugile M. Bison era praticamente un tributo a Mike Tyson al quale però non pagò alcun diritto. Per evitare di finire in tribunale la Capcom fece una girandola dando alchè i nomi che tutti conosciamo: Balrog il pugile, Vega l’ispanico e Bison il dittatore.

Fattore aggregazione

Ora facciamo due parole da bar. La giocabilità, le mosse varie e gli aspetti più informali del gioco credo siano stati sviscerati ovunque in questi 25 anni. Mi volevo soffermare sul fattore aggregazione di questo capolavoro. Chi ha giocato e vissuto l’epoca eurea di Street fighter due sicuramente era in età scolare avanzata, o perlomeno 8 su 10 lo erano. Io frequentavo il liceo e avevo il bar di fianco alla scuola dotato di cabinato e dall’altra parte della strada c’era perfino una sala giochi! I miei ricordi più belli di questo gioco sono qui, in questi due posti. La mattina si partiva prima da casa per essere tra i primi al bar. E si aspettavano compagni di scuola pronti per carburare la giornata. Decine di sigarette accese e una ressa incredibile di prima mattina per sfidare tizio che ieri mi ha massacrato o accettare la sfida di Caio che ci prova sempre ma non vince mai. Grazie a questo gioco ho conosciuto in pochi mesi tutta la scuola.

Nella sfida nascevano amicizie

Li non c’erano primini, novellini. Non c’eravamo noi delle quarte e quinte a fare gli anziani. C’erano ragazzi appassionati che si sfidavano, che nella sfida legavano amicizie di mese in mese più forti. Vengono i brividi pensare che conoscenze di autobus e di bar a fare due botte a street fighter (si, era semplicemente steet fighter, senza numero) datate 1992 siano ancora oggi vive. Ma è così. Due giorni alla settimana facevamo pomeriggio a scuola e non c’era occasione migliore per passare la pausa pranzo nella sala giochi di fronte. Zaino in spalla, colletta per un pacchetto di sigarette da dieci da dividerci e un ora abbondante di partire.

Le combo e i loro nomi

“Maledetto, mi hai beccato con la bolla”… “E piantala con sto elicottero”. Perché le combo avevano un nome: la bolla, l elicottero (i calci rotanti), il trapano (la mossa psichica di Vega.. O Balrog, dipende dai gusti). Tutto ciò legava, creava amicizie. “Oh hai visto che brutta quella tipa? Sembra Blanka” e giù risate.. Ma anche “Ho fatto una scorreggia così potente che fluttuavo come Dhalsim”. Piegati dal ridere. Lo stesso lottatore indiano era diventato lo stereotipo per prendere in giro chi era eccessivamente magro.
Io stesso presi in quegli anni il super famicom, la versione giapponese del super Nintendo. E con esso la cartuccia jap di questo capolavoro.. Per avere i nomi originali!! E in casa mia ogni pomeriggio c’era qualche amico, sfidato la mattina la bar, che dopo una rapida studiata ai libri mi aiutava a fondere i joypad in sfide infinite.

Alla fine certe cose non cambiano

La passione per un videogioco che involontariamente crea gruppi, amicizie forti. Amicizie che hanno resistito alle mode, ai cambiamenti, agli anni. Perché alla fine certe cose non cambiano: passano anni, decenni, e ci si trova come prima. Magari con a fianco il figlio di otto anni che con Zangief non mi lascia il tempo di fare una mossa. Could this be magic? This is arcade power!

Michele Novarina

Mic, tre lettere come negli highscore di una volta. Appassionato di videogames dagli albori degli anni 80.

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