Track & Field

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Track & Field. Sudore e sangue

Ciao a tutti amici di commodoreblog.com, qui Mic the Biker che vi saluta e vi fa tornare in mente le bolle alle mani e i crampi avuti in gioventù con Track & Field (alcuni sicuramente stavano pensando male, sempre collegandosi a qualche catalogo Postalmarket).

Eh si cari amici lettori. Dovete sapere che gli amici veri si vedono sempre al momento del bisogno e infatti hanno manifestato la loro presenza per il mio compleanno passato regalandomi il pandora box 4s plus.
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E questo paradiso carico di arcade deve essere sfruttato non trovate? Perciò quanto trovo qualche minuto lo accendo e ho deciso di rigiocare, uno alla volta, a tutti i giochi anni 80.
Come inizio di questo mio percorso ho deciso di farmi del male con Track & field.

Track & Field, il coin op!

Da piccino adoravo letteralmente questo coin op e al prezzo di avere calli professionali alle mani riuscivo farci più volte il giro degli eventi proposti con difficoltà aumentata.
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Il gioco in questione fu prodotto nel 1983 dalla Konami. In Giappone il nome era differente, si chiamava Hyper Olympic ma la sostanza non cambiava di una virgola.
Track & Field è stato il primo titolo arcade a proporre uno stile di gioco basato sulla rapida pressione di tasti. Infatti il cabinato originale era completamente sprovvisto della leva del Joystick. Sono sincero amici io questo fantastico cab, quello originale verticale, non lo ho mai visto in giro. E di sale giochi ne ho girate! Mi sono sempre imbattuto in questo gioco caricato su cabinati “universali”, molte volte veramente sgrausi.
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Ancor più rara la versione orizzontale del coin op. Si chiamava Cocktail table ed aveva la particolarità, oltre la posizione, di poter permettere il gioco a quattro players!

Baffi on the rocks!

I quattro giocatori possibili, che nelle prove di corsa gareggiano in due contemporaneamente, hanno quattro aspetti diversi, tutti dotati di baffi. Ci sono un mix di motivi ipotizzati in sala per questo look. Il primo, quello più in voga, era che si volesse dare un’impronta marcatamente “Mario” al tutto, visto che l’idraulico della nintendo era già abbastanza famoso. La seconda, forse la più probabile, era che in quegli anni il baffo era di moda anche nel mondo dell’atletica leggera. Il gioco come è facile immaginare si ambienta dentro uno stadio pieno di persone.

Track & Field, come si presenta

Lo schermo viene diviso nella più grande parte in basso, dove si svolge l’azione, e la parte alta dove troviamo punteggi, nomi, piazzamenti e tempi. La grafica del coin op era molto bella per il 1983, curata e simpatica nelle espressioni dei concorrenti. Il gioco è diviso in sei discipline olimpiche dove in quasi ogni evento si devono utilizzare in rapida alternanza due tasti per correre. Quindi va premuto un ulteriore tasto che, di volta in volta, serve per saltare o per lanciare un oggetto. Per dovere di cronaca si deve dire che negli anni sono arrivate anche versioni tarocche di Track & Field dove si utilizzava il joystick per prendere velocità. Questo tipo di controllo divenne poi quello per la quasi totalità dei sistemi domestici.

Track & Field, il gioco

Ma torniamo al gioco vero e proprio. Parliamo delle varie discipline sportive. La prima è la regina delle olimpiadi, i 100 metri piani. Si deve semplicemente pigiare i tasti nel modo più veloce e furioso possibile per finire nel tempo previsto e nei casi migliori per staccare un record. La chiave per una prestazione buona è la partenza. Ci sono tre possibilità di “falsa partenza” proprio per dare l’opportunità di azzeccare quella fulminea. I tre errori resteranno in tutte le competizioni il numero massimo concesso prima del game over. Dopo ci cimenteremo con il Salto in Lungo. Qui secondo me serve una violenza sui tasti ancora superiore ai 100 metri, roba da vesciche e madonne. Perchè la velocità è importante più del punto di salto e dell’inclinazione del medesimo. Qui si comincia a maledire i morti dei programmatori Konami. Esattamente, perchè la disposizione dei tasti nel cabinato di Track & Field è quantomeno da manicomio. Il tasto di salto è piazzato in basso tra i due tasti per la corsa. Viene da se che se utilizzo i due tasti per correre salterò quasi inevitabilmente dopo la riga.

Le varie scuole di gioco: il Lord inglese

Ma noi non mollavamo mai! Con le partite ci trasformavamo in delle creature infernali capaci di andare veloci quasi come prima ma utilizzando un tasto solo per la corsa. Le tecniche erano disparate. C’era il lord inglese che aveva sviluppato la muscolatura delle due dita indice e medio fuori dal comune. Sul suo volto non una goccia di sudore ne espressioni di dolore. Le sue due dita picchiettavano alla velocità della luce sul singolo tasto in maniera alternata e con occhio socchiuso e respiro regolare era così libero di staccare salti precisi al millimetro.

Le bestie di Satana

Poi c’erano le bestie di satana, di cui anche io facevo parte. Dopo aver assunto posizioni contro natura al limite del contorsionismo si partiva con la prestazione. Il pulsante veniva violentato con pressioni velocissime ma pesantissime da due dita. La muscolatura spalla-bicipite-avambraccio raggiungeva tensioni degne del Lou Ferrigno dei bei tempi. Spesso non si guardava manco lo schermo, si alzava la testa all’ultimo secondo per schiacciare il salto, anche qui con una violenza inaudita. Le bestie di Satana erano sudate marce, fronte perlata e spesso sbuffando perdevano anche le bave.

I collaborativi

Ed infine cerano i collaborativi. Erano personaggi curiosi: si piazzavano in zona cabinato e guardavano. Stavano li, senza proferire parola. Giocavano solo quando arrivava l’amico del cuore. Uno schiacciava i pulsanti per la corsa, l’altro quello del salto. Il tutto in un groviglio di corpi che pare abbia ispirato il filone dell’hard negli anni a seguire. Orbene, dopo queste testimonianze storiche di vita da sala giochi proseguiamo con gli sport di Track & Field. La terza disciplina in cui si gareggia è il lancio del giavellotto. La dinamica è identica al salto in lungo: rincorsa al limite della follia e al momento giusto pigiare il bottone di salto – lancio. Questa è la prima disciplina dove troviamo un easter egg.

Giavellotto e primo Easter egg

Dopo aver effettuato una bella rincorsa facciamo il lancio tenendo pigiato il bottone senza rilasciarlo. L’angolo di tiro arriverà ad 80 gradi e il nostro giavellotto si impennerà nel cielo. Quando uscirà dallo schermo improvvisamente piomberà giù dopo aver trafitto un arcano arnese dal valore di 1000 punti extra. Nel fumoso mondo delle sale gioco correvano differenti teorie su cosa fosse l’oggetto colpito. Probabilmente nella mente dei drogatissimi programmatori Konami doveva trattarsi di un alieno di qualche specie. Ma nella realtà c’era chi diceva fosse un pennuto di una non chiara razza oppure un lampadario. Si, avete capito bene: il  mio sangue si raggelò quando per la prima volta, dopo averlo colpito, il solito tabbozzo piazzato come un avvoltoio a fianco del cab, esclamò urlando “Oooh minchia, hai colpito il lampadario”. Dopo aver espletato la pratica del lancio eccoci passare ai terrificanti 110 metri ostacoli.

110 ostacoli: il lato oscuro dell’animo umano.

Di tutto il gioco è sicuramente quella dove ho visto, nonchè vissuto, le scene più struggenti. Un’ignorantissima corsa lunga 110 metri infarcita da ostacoli da saltare, per la precisione 10.
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Immaginate: serve la più becera ignoranza sui tasti corsa e ben 10 precisi salti per evitare gli ostacoli. Noi bestie di satana dovevamo guardare lo schermo, spesso cadendo preda di dolorosi crampi al collo. Pigiare quel dannato bottone corsa e ad intervalli precisi tirare un cartone al pulsante di salto. Ne troppo presto, ne troppo tardi, perchè nel primo caso si finisce per inciampare nell’ostacolo rallentando la corsa e nel secondo caso si finisce lunghi addosso all’ostacolo cadendo direttamente a terra. A circa metà corsa i grugniti iniziali venivano spesso sostituiti dalle più brutte bestemmie che un umano potesse sentire, il tutto sincronizzato coi salti. Anche i famigerati Lord inglesi avevano i loro problemi. Composti, con le loro due fulminee ditina sul pulsante corsa, se sbagliavano il primo salto quasi sistematicamente li sbagliavano tutti. Certo, perchè erano sincronizzati che a tot pigiate super veloci corrispondeva il saltino, andare in casino era facilissimo. E anche essi, imperturbabili, bestemmiavano. Sottovoce, nel modo più strisciante e sibilante possibile, in modo che le musiche dei coin op li coprissero. Piccola parentesi a parte meritano i collaborativi: ho visto amicizie troncarsi per una serie di salti sbagliati, si poteva assistere a veri e propri incontri di wrestling dopo una gara sbagliata!

Ultime due discipline

Dopo questo evento critico arriviamo al penultimo evento, il lancio del martello. Finalmente possiamo far riposare le dita sanguinanti visto che la disciplina in questione prevede la rotazione automatica: si pigia una volta il pulsante corsa e il nostro atleta inizia a roteare. Quando l’omino ruota nella parte buona per il lancio il martello si colora di rosso. Per qualificarsi basta un semplice lancio con metà velocità di rotazione ma noi professionisti volevamo sfondare quota cento metri. Per farlo bisognava tirare all’ultimo quadratino della rincorsa e si deve essere veramente precisi. Il lancio imperiale si ottiene tra la metà e i tre quarti dell’ultimo quadratino. Noi bestie di satana mettevamo una mano sullo schermo per non farci distrarre dalla grafica e ci concentravamo solo sulla barra sottostante. Arrivati nella zona top si pigiava x poco meno di un secondo il pulsante di lancio, così da ottenere un angolo di 40-45 gradi: lancio da paura assicurato!

Salta che ti passa

Ed eccoci giunti al gran finale, il salto in alto. Anche qui la rincorsa è automatica anche perchè il timing richiesto per saltare veramente alto deve essere preciso al millimetro. I primi salti sono stra facili anche sbagliando lo stacco. Dai 2.40 metri si deve iniziare a calcolare. Il miglior metodo è arrivare quasi sotto l’asticella e in quel momento pigiare in maniera fulminea il bottone di salto al fine di ottenere un angolo più verticale possibile. Una volta che l’atleta è ben in alto si pigia progressivamente il pulsante di salto per far decrescere l’angolo e superare l’asticella.

L’easter egg nel salto

E qui si nasconde il secondo easter egg del gioco: se sbagliamo i primi due salti a misura minima e col terzo salto arriviamo a superare la misura prevista per la vittoria apparirà una talpa dal valore di 1000 punti! Passata questa ultima prova eccoci sul podio, con la biondona di turno che ci premia per la prima posizione. La canzone di Vangelis “Chariots of fire” fa da sottofondo a questo appagante istante.
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Qui, in base a come settata la scheda di gioco, può arrivare il game over oppure ricominciare la serie di eventi con i traguardi di qualificazione più difficili. Personalmente ho sempre trovato questa seconda opzione e sudando nonchè stracciando calendari sono riuscito a fare per tre volte il giro degli eventi in questione.

Los Angeles 84 spinge Track & Field

Il resto è storia, il gioco fu un successo planetario nonché il precursore di una serie più o meno fortunata di giochi a tema olimpico – sportivo. La fortuna di Track & Field fu anche l’esserci al pieno del suo splendore durante le celebratissime olimpiadi di Los Angeles 1984. Ricordo bene l’entusiasmo che ha circondato questo evento sportivo, anche se per motivi politici legati alla precedente edizione l’Unione Sovietica e altri 16 stati comunisti boicottarono l’olimpiade Americana. Come si evince la guerra fredda la faceva ancora da padrona in quegli anni. Ma le persone qui seguivano con entusiasmo questa manifestazione e tutto questo si trasformava in una grande fame di Track & Field.

Track & Field e i porting domestici

Dal 1984 vi furono numerosi porting di questo leggendario gioco. In quell’anno la conversione per Atari 2600 fece gridare al miracolo, con sprite coloratissimi e fondali animati.
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Atari 2600

Per riuscire in questa missione impossibile la cartuccia del gioco conteneva più memoria ram per sopperire ai limiti fisici della macchina. Atari fece le cose veramente in grande facendo uscire un Track & Field controller dedicato che riprendeva i due pulsanti per correre e uno per saltare: un oggetto che merita la collezione solo per la sua bellezza. Si, perchè a livello di efficacia era assai più comodo il controllo tramite joystick da smanettare destra sinistra come forsennati e pulsante per il salto. Un metodo di controllo già presente su versioni bootleg dell’arcade e ripreso su tutti i sistemi domestici.
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Commodore 64

Nello stesso anno arrivò la versione per il biscottone di casa commodore. Curato da konami e atari risultò una versione colorata e ben fatta, molto fedele all’originale. Fu il primo gioco spacca joystick, il titolo che era obbligatorio giocare con i controller a microswitches perchè quelli a lamelle cedevano clamorosamente dopo due partite. L’ultimo sistema che vede la conversione in quell’anno fu il buon e mai troppo compreso MSX. I programmatori decisero, per non perdere in qualità, di dividere il gioco in due cartucce separate. Track & Field I aveva i 100m, salto in lungo, martello e la nuova 400m. Track & Field II i 110m, giavellotto, salto in alto e la nuova 1500m.
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Nintendo entertainment system

Nel 1985 vide la luce la conversione per NES, il quale prendeva il nome della versione Giapponese e includeva solo quattro delle sei discipline dell’originale. Graficamente accattivante era indubbiamente incompleto e troppo corto. Konami corse ai ripari anni dopo con la conversione di Hyper Sport, variandone i contenuti e aggiungendo altre discipline.

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Nel 1988 vide la luce anche sul piccolo Zx di casa spectrum. Il risultato grafico non fu molto felice visto che si giocava sempre su un fondale verde oliva con sprite monocromatici. La fluidità dall’altro canto era buona e il gioco aveva il suo perchè di esistere. Gli anni passavano e nel 1992 Track & Field approdò anche sul piccolo game boy di casa nintendo.
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Game Boy

Il piccolo display monocromatico ci regalava un piccolo capolavoro di definizione, dove lo sfarfallamento era quasi assente. La grafica pur non colorata riprendeva davvero alla grande l’atmosfera e le animazioni dell’originale da bar. Le competizioni salgono a undici in totale: troviamo il sollevamento pesi, il tiro con l’arco e il salto triplo (eredità della versione NES), il nuoto e il lancio del disco. Ovviamente la miglior modalità di gioco era la versus mode che sfruttava il linked game.
Beh, spero abbiate gradito questo piccolo viaggio indietro nel tempo, denso di ricordi arrivati direttamente dalle fumose sale giochi di un tempo. Come piccolo cameo finale vi consiglio di riguardarvi un film che è un capolavoro: i goonies. Bene, in questo grandissimo film appare un bel cabinato di Track & Field! Mic the Biker vi saluta e vi consiglia qualche buona lettura dal nostro blog.

Michele Novarina

Mic, tre lettere come negli highscore di una volta. Appassionato di videogames dagli albori degli anni 80.

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