Shinobi, l’arte di essere Ninja

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Ciao a tutti amici di Commodoreblog, se vi dico il nome Shinobi cadete dalla sedia oppure correte in soffitta per cercare, nel baule dei ricordi, il passamontagna da Ninja? Beh, poco importa perché oggi la nostra prode DeLorean ci farà fare un viaggio da paura direttamente nel 1987 per fare la conoscenza di questo misterioso personaggio e del suo enorme successo che lo ha portato a divenire un’icona di un epoca.

Shinobi e le arti marziali negli anni 80

Nel 1987, e negli anni 80 in generale, la figura del Ninja era parecchio di moda. Ricordo che noi della Banda di Borgo San Paolo avevamo tutti una SHURIKEN sempre appresso, comprata ovviamente nel negozio di arti marziali sito in Via Trecate. Era ancora palpabile il ricordo di Bruce Lee, i film a tema Kung Fu ed affini erano dei grandi successi. Anche noi della banda stavamo iniziando a muovere i primi passi in questo mondo, scegliendo ognuno la propria disciplina orientale non senza iniziali difficoltà. Ricordo bene i primi approcci con lo Shaolin, dove capii presto che la mia fisicità poco si addiceva con questo stile: Vincenzo era una belva, scattante e acrobatico, imparava velocemente. Io decisamente più massiccio migrai poi sull’Aikido e me ne innamorai. In quegli anni fare arti marziali non era solo andare in una palestra a fare a botte: c’era un forte concetto del Dojo, che era il posto ove formare un buon carattere, pazienza e disciplina. Vi erano rituali quasi sacri prima di salire sul tatami, come il saluto al maestro. Fondamentale era il concetto di rispetto. Esso era il cardine delle lezioni: l’avversario, nel combattimento, viene sempre trattato come uno alla pari. C’era molta filosofia e molta saggezza in quello che veniva insegnato, qualcosa di romantico visto con gli occhi di oggi.

La figura del Ninja

Proprio in quegli anni eravamo tutti in bomba con la figura dei Ninja, il misterioso protagonista dell’immenso THE LAST NINJA, in cui il protagonista è il prototipo del combattente mascherato, abile nello spionaggio, nel sabotaggio, l’infiltrazione, l’assassinio e la guerriglia. Ma ricordiamo che il suo nome esatto era Shinobi, che indicava colui che faceva parte di un gruppo specializzato di spie e mercenari. Questo nome per noi rappresentava uno dei coin op più belli di sempre. In questo capolavoro noi controlliamo il ninja di nome Joe Musashi e dobbiamo vedercela con la criminosa associazione “Zeed”. Che gioco ragazzi, un platform super dinamico con dentro tantissima azione: bisogna farci pratica per giocarci e proseguire nelle missioni.

Shinobi, il Coin Op

Il cabinato faceva la sua sporca figura con la sua estetica a tema e il logo di mamma Sega in primo piano sulla plancia comando. I controlli erano un classico dell’epoca: un joystick e tre pulsanti per attaccare, saltare e utilizzare le “magia ninja”, che vedremo dopo cosa esse siano. Molto bello il movimento del protagonista: oltre alla camminata, si può procedere accovacciati tenendo il joystick in diagonale basso. Possiamo saltare ai piani superiori e inferiori dei livelli, ove previsto, premendo salto e leva joystick su o giù. Joe Musashi è ben armato, ci troviamo una scorta illimitata di shuriken, oltre ai più ignoranti calci e pugni che si usano quando un nemico è troppo vicino.

Grafica e sonoro

La grafica era davvero notevole e ancora oggi fa la sua bella figura. Salta subito all’occhio il dettaglio dei fondali, sempre di grande impatto e cromaticamente convincente. Le animazioni sono super fluide, con sprite a volte davvero giganteschi. Le animazioni hanno un grande numero di frame, il che rende i movimenti davvero belli a vedersi. Del resto la scheda sfruttava il sistema “System 16B” spinto da un Motorola 68000 a 10 MhZ e vantava una palette di 6144 colori. La parte audio sfrutta la potenza dei chip audio tipici del periodo, ovvero un YM2151 (4 Mhz) e un UPD7759 (640 Khz), a supporto di uno Z80. Le musiche furono curate da Yasuhiro Kawakami, compositore di spicco dei videogames Sega dell’epoca. Tipico del suo modo di lavorare è la linearità e la semplicità nella composizione dei pezzi. Egli raggiunse il massimo della fama l’anno seguente firmando la colonna sonora di un giochino chiamato Tetris.

Shinobi: gli ostaggi e le Magie Ninja

Il salvataggio di determinati ostaggi ci garantisce un potenziamento dell’attacco: in questo caso le stelle ninja, come le chiamavamo noi, vengono sostituite da una pistola. Questa è molto utile perchè spara proiettili esplosivi mentre l’attacco a distanza ravvicinata diventa un colpo di katana. Abbiamo a disposizione le “magie Ninja” di Musashi solo una volta per livello: usandole si annienteranno tutti i nemici. Se le usiamo contro dei boss riusciremo a far loro male, molto male. Andiamo ora a vedere nel dettaglio in cosa consistono questi tre attacchi poderosi. Iniziamo con la magia chiamata Shadow Magic: essa crea sedici cloni di Joe che si propagano in ogni direzione, affettando chiunque sia nello schermo. Da notare che è possibile utilizzarla contro tutti i boss: essa dimezza istantaneamente la barra della vita ed è un’ottima tecnica per finire un boss già indebolito. Passiamo poi alla Wind Magic: la mossa provoca un enorme tornado di vento attorno a Joe, il quale formerà diversi vortici più piccoli che attraversano lo schermo travolgendo tutti i nemici, i quali moriranno immediatamente. E per ultimo vediamo il Thunder Magic: il nostro Joe viene investito da una pioggia di fulmini e a sua volta propagherà una scarica che attraverserà tutto lo schermo creando fulmini più piccoli, i quali arrostiranno i nemici senza la minima pietà.

Molti nemici, molto onore

Saranno veramente molti coloro che proveranno a metterci i bastoni tra le ruote durante la nostra corsa contro il tempo. Nei tre minuti a nostra disposizione troveremo punk, molti mercenari, diversi guerrieri ninja vestiti di diversi colori e dei noiosissimi spadaccini che sorvegliano gli ostaggi. La dinamica di scontro è innovativa: possiamo urtare la maggior parte dei nemici senza subire alcun danno ma possiamo essere uccisi quando colpiti da un attacco nemico. E’ molto logico se ci pensiamo, differenzia il gioco dalla quasi totalità dei titoli dell’epoca dove ad ogni contatto si subiva un danno. Quando moriremo, si deve ricominciare il livello dall’inizio. In questo caso gli ostaggi già liberati non devono essere salvati di nuovo. Sono tre le vite a nostra disposizione ed esaurite le medesime si deve usare una dinamica meno innovativa ma assai in voga ai tempi: giù di monete o gettoni per continuare il gioco. Però i programmatori sono stati spietati e senza cuore: non è possibile continuare se uccisi durante la missione finale.

Punti bonus e vite extra

E’ possibile accumulare punti bonus durante la partita: essi vengono assegnati calcolando il tempo avanzato a fine livello, ai quali si aggiunge un succoso punteggio se si supera il livello senza usare le “magie Ninja”. Si possono ottenere punteggi maggiori utilizzando solo attacchi a distanza ravvicinata, senza mai usare stellette e pistole. In nostro aiuto vengono le vite extra: esse sono assegnate al raggiungimento di determinati punteggi, salvando un ostaggio speciale o completando il round bonus. Questo livello speciale lo troviamo tra una missione e l’altra: qui avremo a che fare con la mitica schermata in prima persona, in cui devono lanciare shuriken ai ninja nemici prima che ci arrivino addosso. Se il giocatore completa con successo il round bonus, riceverà una vita extra.

Le ambientazioni di Shinobi

L’area Urbana

Il gioco si snoda attraverso cinque distinte ambientazioni dal mutevole scenario. La prima, in cui inizieremo la nostra avventura, ha connotazioni tipicamente urbane. Inizieremo a fare la conoscenza con i nemici del gioco: punk con l voglia di fare rissa, uomini armati di pistola o di coltello e bizzarri combattenti con sciabola vestiti come SheezHan. Proseguendo negli scenari troveremo terroristi-manolo che si cercano di sorprenderci dai muri su cui sono arrampicati. Ed eccoci giungere al primo boss, tal Ken Oh. Trattasi di un guerriero gigantesco col volto coperto con una maschera da samurai. Sarà dura, egli cercherà di farci alla griglia lanciandoci fiamme che si muovono per lo schermo ma che, per fortuna, spariscono in fretta. Il punto debole di Ken Oh sono gli occhi, non protetti dall’elmo.

Il Porto

Dopo aver portato sana la pelle dall’area urbana eccoci arrivare di notte al porto. Iniziamo a vagare nei docks, zeppi di nemici e prigionieri da liberare, per giungere all’interno di una nave attraccata. Qui facciamo la conoscenza di alcuni bad dudes davvero impegnativi, come i ninja armati con doppia katana. Uscendo dalla nave il livello si fa tosto, con pilastri da usare come piattaforme da cui spiccare potenti salti, il tutto mentre si ammazzano sommozzatori armati di coltello. Il boss della location, Black Turtle, è un elicottero armato di lanciarazzi. Se non fosse già abbastanza dal mezzo escono grappoli di ninja decisamente arrabbiati con noi. Il punto debole è il motore, posto sotto la carlinga.

La montagna

L’azione si sposta in un ambiente montano e roccioso che pullula di belligeranti cattivi. Ad un certo punto ci si trova innanzi ad un’apertura che ci porta all’interno della montagna e da qui ad una base tecnologicamente all’avanguardia. Il boss di turno, tal Mandara, è piuttosto particolare: inizialmente dobbiamo affrontare una muraglia di robot dalle fattezze di Shiva: qui è praticamente d’obbligo utilizzare Shadow Magic per dare un bel colpo a tutti questi droidi per poi finirli più rapidamente. Dopodiché pronti via eccoci davanti ad un volto meccanico che scorre sulla parete: va dall’alto al basso, sparando dalla bocca delle palle di fuoco. Il suo punto debole è una semisfera presente sulla fronte.

Il Giappone

Qui inizialmente le montagne sullo sfondo ci introducono in una zona residenziale giapponese. Ci si addentra nelle case fatte di legno dagli interni per lo meno bizzarri visto che più che abitazioni pare trovarsi in una segheria da tanti tronchi che troviamo. L’atmosfera si fa più horror vista la presenza di ninja zombi. Le creature strane non finisco qui vista la presenza di orribili rane antropomorfe. Il boss non può essere da meno: si chiama Lobster ed ha le fattezze di un samurai con katana protetto da una spessa armatura. Egli colpisce sempre a  distanza ravvicinata ma è un osso duro da fare fuori, visto che il suo punto debole è il collo: si deve essere precisi visto che lo scopre solo nel momento in cui si appresta a colpire. Non ho mai capito il perché del suo nome, forse per il colore e per il fatto che sia corazzato, non per la somiglianza con un’aragosta.

La Foresta

Eccoci giunti all’ultimo livello, quello che in caso di morte non c’è gettone che tenga, si deve subire l’onta del Game Over. Un muro di cinta ci accoglie e accompagna in un enorme giardino di canne di bambù tipiche del Giappone. Qui avremo la fortuna di incontrare una carrellata di quasi tutti i nemici trovati in precedenza oltre alle guardie armate di Bo, il famoso bastone lungo. Da qui ci si addentra in un ambiente tipico dei Dojo del sol levante e si fa la conoscenza del boss supremo, il famigerato Nakahara, il Ninja dalla maschera di ferro. Questo qui è veramente tignoso, fa letteralmente saltare i nervi visto che utilizza varie magie ninja: salta, si teletrasporta, sparisce e colpisce secco. È vulnerabile solamente quando non utilizza le magie ed è anche molto resistente. Se riusciremo ad avere la meglio potremo goderci finalmente il tanto sudato finale dove ci viene mostrato un testo esplicativo e la scritta the end. Diciamo un finale “pacco” in linea con la maggior parte dei giochi arcade dell’epoca. Una scelta condivisibile visto che arrivare alla fine di cotali macchine infernali era quasi impresa impossibile.

Shinobi, le conversioni

Ovviamente un giocone simile non poteva non avere uno stuolo di conversioni per i nostri amati sistemi di gioco casalinghi. Ovviamente Sega, giocando in casa, anticipò tutti facendo uscire la prima versione after coin op lanciando la versione domestica di Shinobi per Master System. La data del lancio giapponese fu il 19 giugno 1988, successivamente in Nord America ed Europa. Sega fece un lavoro particolare visto che alcune dinamiche di gioco furono modificate rispetto all’originale. La cosa che salta subito all’occhio è che il giocatore ora ha un indicatore di salute che consente a Musashi di subire più danni prima di perdere una vita. Va a perdersi l’ottima idea del coin op dove le semplici collisioni non procuravano danni, qui toccare un nemico fa perdere salute.

Anche il salvataggio degli ostaggi in è gestita diversamente: su Master System non è obbligatorio per completare il gioco. Tuttavia, salvare gli ostaggi consente al giocatore di potenziare le armi, nonché di recuperare l’energia persa nei contatti con i cattivi. Il salvataggio di determinati ostaggi resta un requisito per accedere alle fasi bonus del gioco, che qui arrivano dopo ogni fase invece che a fine livello. Le “magie Ninja” qui appaiono completando i round bonus e il giocatore può tenersi fino a quattro azioni.

Le versioni di Shinobi

A partire dal 1989 furono rilasciati i port di Shinobi per la maggior parte dei sistemi allora in voga. Troviamo il gioco convertito per i neonati sistemi a 16 bit Amiga e Atari ST  e per le comunissime macchine a 8 bit Commodore 64, Amstrad CPC e ZX Spectrum . Tutte queste conversioni sono state sviluppate da The Sales Curve e pubblicate da Virgin Mastertronic in Europa e da Sega in Nord America, escluse quelle Amstrad e Spectrum.

C64 – 1989

Eccoci subito a parlare della miglior conversione ad 8Bit, a mio modesto parere superiore anche alla conversione della casa su Master System. Questo capolavoro nasce dalla bravura di Simon Pick e Ned Langman, i quali riuscirono a fare un vero miracolo rendendo alla grande il comparto visivo e bilanciando il tutto con una giocabilità pazzesca. Bisogna provarlo per capire, la il gameplay è dannatamente  equilibrato, i comandi sono perfetti e il gioco corre fluido come pochi. La cartina tornasole fu che ogni rivista specializzata dell’epoca diede a questa conversione giudizi a dir poco entusiastici.

ZX SPECTRUM – 1989

La conversione per ZX Spectrum  doveva fare i conti con i limiti cromatici della macchina: troviamo perciò findali essenziali a cui facevano da contraltare gli sprite disegnati con grande cura. Programmato da David Leitch con il supporto di Drew Northcott ai tool grafici, il vero tallone d’Achille del gioco l’animazione alquanto approssimativa. Ciononostante, considerati i ritmi di gioco e la risposta relativamente precisa dei comandi, questa versione risultò molto buona in riferimento ai giochi presenti per la macchina ma non incontrò altrettanto favore in ambito critico.

MSX – 1989

La prima cosa che mi viene da dire è che si poteva fare molto di più: esteticamente la versione MSX ricorda quella dello Spectrum ZX ma con uno scrolling molto più scattoso. A questo aggiungiamo una riduzione delle dimensioni della videata di gioco e la frittata è fatta. Giocandoci ci si rende conto che c’è un grave ritardo nella risposta dei comandi e la sentenza può essere una sola: senza ombra di dubbio la peggiore incarnazione casalinga del classico targato Sega.

AMSTRAD CPC – 1989

La conversione per Amstrad CPC fu a cura di Richard Aplin. La prima cosa che salta all’occhio è il buon lavoro svolto in termini prettamente visivi: ottimi colori, grande cura grafica, il tutto per contenere il divario tecnico tra questo porting e il Coin-Op originale. Come spesso accade è solo prendendo il Joystick in mano che vengono i nodi al pettine: si notava subito un sensibile ritardo dei comandi, che rendeva complicato non morire. Questo, unito ad una resa discutibile delle animazioni, compromise l’efficacia generale del gameplay visto che era semplicemente difficile proseguire nel gioco. Peccato, le potenzialità c’erano tutte.

AMIGA e ATARI ST – 1989

Eccoci a guardare le due versioni più belle da vedere dell’intero lotto, ma saranno anche divertenti? Facendo le dovute proporzioni sul numero di colori su schermo, le conversioni Amiga ed Atari ST di Shinobi sono le più fedeli al Coin-Op originale. Prendiamo in mano il Joy e vediamo se vale anche per la giocabilità: le somiglianze purtroppo si fermano alla grafica. Sotto il profilo del gameplay i due giochi stentano, complice un forte taglio nei frame di animazione sia di Musashi che dei suoi avversari. A questo si va a sommare uno scrolling scattoso e lento, che pare trascinarsi, sensazione dovuta al fastidioso ritardo dei comandi. Shinobi fu stroncato dalla critica dell’epoca, ma questa conversione riscosse un certo successo. Lo ricordo molto bene e io per primo ci giocai molto: Shinobi fu il classico caso in cui una buona grafica unita alla passione per l’arcade originale fece passare i molti difetti in secondo piano.

NES – 1989

Per il buon Nintendo Entertainment System, Shinobi fu rilasciato da Tengen come versione senza licenza e limitatamente al mercato Nordamericano. Per questa conversione fu usata la base del Master System. Furono però rimosse tutte le armi a corto raggio e le granate e  tennero i pugni di base, i calci, i pugnali da lancio e la pistola. E’ più difficile sbarazzarsi dei nemici perché possiamo sparare solo uno shuriken, un pugnale o un proiettile alla volta, anche dopo aver ottenuto i power-up. Per ovviare a ciò le “magie Ninja” ora sono cinque. In questa versione le fasi a scorrimento verticale sono state ridisegnate in fasi a scorrimento orizzontale.

PC Engine – 1989

Il giorno 8 dicembre 1989 fu rilasciata, solo ed esclusivamente in Giappone, una versione PC Engine ad opera di Asmik. La somiglianza con l’originale è notevole: grafica e meccaniche di gioco sono simili a quelle della versione arcade. Come spesso accadde per le conversione su questa macchina mancano alcune parti rispetto all’originale, in questo caso i round bonus e la seconda missione: tutte le missioni successive vengono rinumerate di conseguenza. Sono mancanti anche gli attacchi ravvicinati e i power-up e non c’è su schermo il timer che indica il tempo residuo. Nonostante queste mancanze il gioco è bello, quello che c’è è fatto davvero bene e non fa rimpiangere l’originale.

Shinobi e la strana causa di Atari

Nell’ottobre 1993 succede un fatto curioso: a distanza di anni Atari Corporation intenta una causa contro Sega. Il motivo, a detta dei legali Atari, è una presunta violazione di un brevetto creato negli anni 80 da Atari Corp. Quest’ultima chiedeva di interrompere la produzione, l’uso e la vendita di hardware e software per Sega Genesis e Game Gear. Il 28 settembre 1994 i due colossi giunsero ad un accordo: questo prevedeva una licenza incrociata per pubblicare fino a cinque titoli ogni anno nei loro sistemi fino al 2001. Sega scelse shinobi come prima conversione per l’ Atari Jaguar, ma la storia ci racconta che non se ne fece mai nulla.

Riflessioni del Biker

Incredibile come gli anni siano passati sotto il ponte della vita. Sempre più spesso mi trovo a pensare ad un gioco e, ricordando la sua data, ho la percezione che tutto sia recente, quasi roba dell’altro ieri. Ma poi rifletto sui numeri e mi fermo, restandoci quasi male. Ma davvero la matematica mi dice che sono passati tutti questi anni? Per diavolo, io ricordo quando infilavo il gettone nel cabinato di Shinobi e mi sembra sia successo poco tempo fa. Ricordo ogni momento vissuto col la Banda di Borgo San Paolo come fossero eventi di pochi mesi addietro. Invece sono passate generazioni. Se prendiamo in considerazione il mondo dei videogames sono passate ere geologiche. Ma ditemi quello che volete quei dannati cabinati si fanno giocare ancora oggi dannatamente bene. Certo, si parlava di giochi difficili, di una difficoltà che i moderni videogames neanche si sognano. Ma è la storia e Shinobi fa parte di essa, uno di quei giochi che sono il carburante della DeLorean, la magica macchina dei ricordi che ci porta indietro nel tempo. Mic the Biker vi saluta e vi da appuntamento al prossimo articolo. Ora qualche consiglio per voi dal nostro blog!

Cadillac & Dinosaurus, un gioco pazzesco!

Toobin, divertimento di una volta.

Michele Novarina

Mic, tre lettere come negli highscore di una volta. Appassionato di videogames dagli albori degli anni 80.

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