Eye of the Beholder per Amiga

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Ciao a tutti amici di commodoreblog.com, oggi mettetevi in tasca i dadi che con la DeLorean si andrà dritti nel 1991 a giocare ad Eye of the Beholder.

Eye of the Beholder, by SSI

Eye of the Beholder è un videogioco di ruolo per computer e in seguito portato anche su console. Il suo sviluppo è ad opera di Westwood Associates ed è stato pubblicato da Strategic Simulations, Inc. Era il 1991 e quando cotale bomba nucleare fu lanciata sul mercato per il sistema operativo MS-DOS e Amiga. Nel 1994 vide la sua luce anche per Sega CD, di cui spicca la colonna sonora composta da Yuzo Koshiro, e SNES.

I giochi di ruolo, un vero spettacolo

Questo simpatico gioco fu una delle cause della nostra insonnia cronica. Noi della Banda di Borgo San Paolo eravamo letteralmente drogati da Dungeons & Dragons, famosissimo gioco di ruolo. Tutti avevamo in casa i manuali master e giocatore base, advanced, expert e master. Ci si trovava solitamente un pomeriggio della settimana a casa del Greco di Via Polonghera e si giocava, ognuno con la sua scheda personaggio cartacea, col suo set di dadi intoccabile e i propri gesti scaramantici. Il master delle avventure lo facevamo sempre a rotazione io e il greco.

Dal centro gioco alle avventure inventate

Dopo un periodo iniziale, dove codeste avventure le si compravano già fatte al Centro Gioco Educativo di Corso Peschiera, la padronanza dei manuali fu tale che iniziammo a farne di nostre. Ovviamente tutte utilizzavano ambientazioni ufficiali dei manuali, all’interno delle quali inventavamo vere e proprie campagne di gioco. Chi ci ha giocato ha presente di cosa sto parlando e la durata di tali avventure era variabile ma mai inferiore al mese di gioco tenendo conto di un paio di incontri alla settimana. Questi incontri non avevano un orario: si iniziava il pomeriggio e si andava avanti anche la sera per una media di sei o anche otto ore di gioco alla volta.

Eye of the Beholder, benvenuto Advanced D&D

In quel periodo conoscemmo il modulo Advanced proprio grazie a questo immenso videogame. In passato furono fatti già diversi giochi di ruolo sul computer ma di questa caratura e spessore artistico non se ne erano mai visti. Il seminale DUNGEON MASTER segnò la traccia, qui si approfondirono tutte le tematiche di gioco. Infatti Eye of the Beholder si basava fedelmente sulle regole del gioco di ruolo cartaceo Advanced ma, proprio come dungeon master, questo titolo si presenta con una visuale in prima persona molto ben realizzata per l’epoca.

Eye of the Beholder, iniziamo l’avventura

Il gioco prendeva il suo avvio nella città di Waterdeep, nei FORGOTTEN REALMS. Come in ogni campagna di questo tipo si viene assoldati: i signori della città di Waterdeep assumono una squadra di avventurieri per indagare su un male proveniente da sotto la città. Quindi partiamo all’avventura con un gruppo formato da quattro avventurieri, che potremo creare utilizzando il sistema solito di razze e classi proprio di AD&D. E già il modo in cui si creano i nostri PG è da bave alla bocca carissimi lettori. Gli avventurieri entrano nelle fogne della città, ma l’ingresso viene bloccato da un crollo causato da Xanathar, che vedremo in seguito più dettagliatamente chi e cosa sia.

Possibilità di assoldare personaggi

Inizialmente il gruppo sarà composto dai nostri quattro personaggi principali ma, con il proseguire della storia, potremo reclutare altri due giocatori, così da raggiungere un massimo di sei elementi. Questo può accadere grazie agli incontri che si faranno durante la partita, la quale si sviluppa veramente nel più classico stile di questo famosissimo gioco di ruolo. I personaggi del nostro party potranno poi essere cambiati, per via di abbandono da parte dei nuovi arrivati o, più frequentemente, a causa di morte violenta dei medesimi.

Ora è perlomeno necessaria un breve sunto di dove di ambienta l’avventura dato che può capitare che qualcuno si cimenti nel gioco senza aver letto tutti i manuali e i libri annessi ai Forgotten Realms. Del resto parliamo di un gioco di ruolo e senza un po di storia qualsiasi avventura perde molto del suo fascino.

L’ambientazione di Eye of the Beholder

Waterdeep, conosciuta anche come la Città degli Splendori o la Corona del Nord, era la città più importante e influente del Nord e forse di tutto il Faerûn. Perciò era considerata parte delle Terre Centrali Occidentali dei Regni, anche se si trovava a circa 240 chilometri a nord di Daggerford, sulle rive della Costa della Spada. La città era il fulcro del commercio dalle terre ricche di minerali a nord, dai regni mercantili di Amn e Calimshan a sud, dai regni del Mare Interno a est e dai commercianti del mare a ovest.

Waterdeep, dove si svolge l’avventura

Nella città di Waterdeep, negli anni, si stabilirono più di 100.000 persone. La città ha uno sviluppo territoriale piuttosto caratteristico: si snoda verso nord dal mare, costeggiando il Monte Waterdeep. Questo luogo era la casa dei Melairkyn, un clan di nani dediti alla ricerca del mithral. I loro scavi formavano gallerie interminabili, la maggior parte delle quali erano occupate da creature mortali la cui presenza nella montagna era anteriore alla fondazione della città stessa. Le sale di Undermountain, situate sotto la città, erano un obiettivo popolare per gli avventurieri: si trattava di una prigione a più livelli, il più classico dei Dungeon.

Il mondo sotto la città

Era composto da diverse camere e tane interconnesse situate nelle profondità sotto la città di Waterdeep e la sua omonima montagna. Le sale di Undermountain erano collegate al mondo di superficie in molti modi, sia fisici che magici: alcuni funzionavano solo in un senso. Il dungeon aveva numerosi collegamenti con le fogne di Waterdeep. La nostra squadra di avventurieri si trova a dover scendere sotto la città, attraversando i clan dei Nani e dei Drow. Questi sono elfi scuri, una sottorazza di elfi generalmente malvagia, dalla pelle scura e dai capelli bianchi. Non mancheranno i pericoli per i nostri prodi eroi per arrivare fino alla tana di Xanathar, dove si svolge lo scontro finale.

Eye of the Beholder e i suoi malefici Dungeon

Scendendo nei mefitici livelli sotterranei del dungeon incontreremo una ricca selezione di mostri e creature. Faremo la conoscenza con i quasi teneri coboldi, avremo a che fare con i drown descritti poche righe fa, con i rugginofago, scheletri, non morti vari e dovremo vedercela anche con i subdoli Mind Flyer. Non solo, ogni passo deve essere calcolato con perizia e attenzione perché i pericoli sono sempre in agguato. Fare molta attenzione alle pietre del pavimento può aiutarci nello scoprire quelle che se pestate faranno attivare una trappola. E occhio anche alle pareti perché i passaggi segreti si nascondono ovunque e possono essere attivati grazie a particolari pietre da schiacciare o torce da tirare. Si evince perciò che  l’interazione con l’ambiente, sebbene agli albori, era ben strutturata. Anche gli incontri con i vari PnG avevano una loro profondità e in base alle scelte fatte si poteva anche influire sul proseguo dell’avventura.

Come si giocava all’epoca

Era il 1991 e noi della Banda di Borgo San Paolo ci alternavamo davanti al monitor del fedele Amiga per procedere in questa strabiliante avventura. Anche se magari, per comodità, a comandare il mouse era sempre uno solo di noi le decisioni su dove andare erano prese da tutti, come fossimo con le nostre schede di carta in mano. E l’essere in più menti pensanti era oro colato quando ci si trovava innanzi all’ennesimo enigma da risolvere. Si potevano trovare sequenze di leve a più posizioni che apparentemente non facevano nulla finché non erano abbinate ad altre leve in altre parti del dungeon. E noi li, carta e penna, a studiare i meccanismi e i loro effetti.

Carta e penna per sopravvivere

Carta e penna, pochi oggi immaginano l’utilità di codesti arnesi paleolitici. I dungeon erano assai intricati e ricchi di diavolerie, perciò uno di noi era addetto a tracciare su carta i livelli che stavamo percorrendo. Ogni scatto in avanti era un quadretto e solo gli dei sanno quanto ci abbiano aiutato le nostre mappe!

Anche l’intelligenza artificiale dei nemici era molto ben studiata: quasi mai ci troveremo contro avversari che attaccano inutilmente. Anzi, si doveva fare molta attenzione a non venire circondati, presi alle spalle o stretti in qualche vicolo cieco. E poi, in tutto il gioco, si cerca sempre lui, Xanathar. Avevamo capito che la sua base principale si trovava nella metà meridionale di Undermountain ma conservava anche un’ampia tana nelle fogne di Waterdeep. La storia ci raccontava che le sue tane erano collegate l’una alle altre da un portale con chiave. Ma chi era Xanathar più precisamente?

Eye of the Beholder e Xanathar

Xanathar era un Beholder e fu il fondatore della gilda dei ladri di Xanathar a Waterdeep. Xanathar assomigliava a un tipico Beholder: aveva un grande corpo sferico di circa 1,5 metri di diametro, con dieci occhielli e un grande occhio centrale. Sotto di esso trova posto una bocca ampia e piena di zanne. La sua pelle era colorata di un blu-grigio scuro e sfumata in un giallo-arancio opaco intorno alla bocca e sulla parte inferiore. Normalmente galleggiava a circa 1 metro dal suolo. Ciascuno dei suoi occhi era capace di lanciare un raggio magico con un diverso effetto per ognuno di essi. Un osso duro: generalmente nelle avventure, anche cartacee, quando ci si trovava di fronte una di queste palle fluttuanti si iniziava a sudare freddo.

Xanathar e la questione del colore

La questione del colore della sua pelle, per i più attenti ai dettagli, è molto importante. Infatti nel gioco il Beholder non è rappresentato blu grigio ma giallo marrone. Da ciò si evince che la compagnia non si troverebbe a fronteggiare Xanathar “l’originale” ma Kirukeskai, chiamato anche “The Eye”. Si narra infatti che lo Xanathar originale fu ucciso da Kirukeskai e la sua posizione ne fu usurpata. The Eye ha mantenuto il nome e lo ha cambiato in “The Xanathar” per farlo suonare come un titolo. Lo fece alla sua maniera, ovvero con l’inganno: The Eye sapeva tutti i segreti di Xanathar e manipolò un altro beholder chiamato Uthh, obbligandolo ad ucciderlo. Alla fine Uthh combatté conto Xanathar nella sua tana; Xanathar uccise Uthh ma era troppo debole per resistere al successivo attacco a sorpresa di The Eye. Così egli uccise Xanathar ed ereditò tutte le sue proprietà. In verità, tuttavia, l’originale Xanathar fu ucciso da una banda di avventurieri agli ordini dei Signori di Waterdeep e segretamente aiutato da un altro spettatore che assunse l’identità dello Xanathar. Perciò il nostro ruolo all’interno dell’avventura pare consono alla storia scritta di quelle terre.

Eye of the Beholder, aspetti tecnici

Come già accennato ad inizio articolo il gioco è in prima persona. I comandi, sia di movimento che di interazione con gli oggetti, sono eseguibili tramite un geniale sistema punta e clicca. Anche per gli attacchi la gestione ha lo stesso sistema di input comandi, il che si rivela rapido ed immediato. Il movimento, dicevo prima, è a caselle: infatti ci sposteremo sempre alla stessa velocità e distanza, cosa che nel suo limite è ottimo se ci devi tracciare una mappa. Anche il girarsi è gestito a scatti, nel numero di 90 gradi alla volta. Forse per gli standard odierni può sembrare medievale, ma vi assicuro che il tutto era assolutamente efficace! Sulla parte destra dello schermo, invece, avremo il pannello di gestione dei personaggi. Qui potremo decidere l’ordine di marcia, gli attacchi e incantesimi da eseguire. A questi ultimi possiamo accedere tramite l’inventario e alle schede personali dei componenti del gruppo. Come in ogni buon gioco di ruolo che si rispetti, la nostra compagnia di eroi crescerà in abilità e forza, salendo di livello tramite i punti esperienza.

Considerazioni del Biker

In definitiva un giocone amici lettori, fedele in tutto e per tutto alle regole Advanced e forgiato da assoluti professionisti. Una vera chicca fu il fatto che nei suoi seguiti, usciti nel 1992 e nel 1993, era possibile importare il proprio party originale. Questo è un regalo fatto col cuore a noi veri appassionati di giochi di ruolo: il poter giocare tutta la serie con gli stessi personaggi. Questo fattore ci permetteva di mantenere tutte le esperienze maturate e l’equipaggiamento ottenuto in precedenza. Perché noi, giocatori di ruolo, alla fine ci affezioniamo ai nostri personaggi.

A distanza di 30 anni posseggo ancora le schede cartacee dei miei due personaggi usati nelle avventure a colpi di dado: il Guerriero e il Chierico, arrivati dopo anni e anni a livelli incredibili, ormai inseriti stabilmente nei territori circostanti con la loro storia, la loro dimora e culto di riferimento. Sono affettuosamente custodite nella cartellina insieme a tutte le avventure scritte di mio pugno su carta. E la tradizione continua perché con amici veneti ci si trova ogni martedì sera su ROLL 20 a tirare dadi virtuali e lanciare incantesimi. Il prodigio della tecnologia: lontani ma vicini, uniti da una passione che dura dagli anni ottanta e ha contagiato anche mio figlio di dieci anni. The adventure still goes on!

Ora vi saluto amici lettori, Mic the Biker vi da appuntamento al prossimo viaggio nel tempo. Ora qualche consiglio per voi direttamente dal nostro blog.

Indiana Jones and and the Fate of Atlantis – Amiga

The Castles of Doctor Creep – Commodore 64

Michele Novarina

Mic, tre lettere come negli highscore di una volta. Appassionato di videogames dagli albori degli anni 80.

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