Antiriad, armatura del passato

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Ciao a tutti amici di Commodoreblog, oggi la nostra amata DeLorean ci porterà in un futuro post apocalittico alla ricerca dell’armatura di Antiriad. Fortunatamente la data da impostare non è troppo distante nel futuro ma è come sempre indietro, nel passato, precisamente nel 1986. Prepariamoci a viaggiare verso uno degli anni più strepitosi di quella magica decade.

Antares, o meglio Antiriad

Il 1986 è stato per il sottoscritto uno degli anni più pazzeschi in assoluto. La domanda che spesso mi viene posta è “Ma scusa, avevi 13 anni, cosa poteva essere successo di così incredibile?”. Beh, la risposta è semplice: fu l’anno in cui presi realmente coscienza di cosa diavolo mi piacesse e cosa no. E scusate se per un adolescente di 13 anni questo vuol dire comprendere di essere qualcosa di definito, di unico. Tra le cose che mi piacevano un sacco erano i computer e i videogames, e di questi ultimi il mio ricordo di quell’anno era la cassetta della Byte Games con dentro il gioco chimato “Antares”. Ma procediamo con ordine, perché tutto è legato, anche se non ce ne accorgiamo.

1986, l’anno del contatto

Prendo in prestito, cambiando la data, il titolo del sequel del seminale 2001: ODISSEA NELLO SPAZIO per spiegare quell’anno che per me rappresenta il primo atto di coscienza verso il mondo. Come folgorato da un obelisco di fattura aliena iniziai a capire, improvvisamente quanto nitidamente, che i computer e la musica avrebbero fatto parte della mia vita. Trovavo assai interessante quella futuristica schermata azzurra, quei tasti con cui impartire degli ordini e vederli operare su schermo. Era il basic, ne feci la conoscenza un paio di anni prima ad un salone della tecnologia qui a Torino. I miei genitori mi portarono e restai un ora nello stand di una casa chiamata Commodore a seguire in signore che spiegava alcuni semplici comandi su un Vic-20. Ecco, nel 1986 fu chiaro che quell’ora era entrata come un tarlo nella mia mente.

Gli albori della Banda di Borgo San Paolo

In quell’anno prese vita anche la mia amata Banda, quell’insieme di ragazzini compagni di scorribande che si stavano unendo in una comunità vivente. Il brodo primordiale nacque grazie ai vecchi telefoni a rotelle e al Commodore 64. I primi erano il nostro modo di comunicare mentre il secondo era il main theme delle nostre telefonate. Il primo ad avere un computer serio tra noi fu Adriano, che già agli inizi del 1986 aveva un fiammante biscottone in casa. I giochi erano pochi, praticamente solo cassette prese da riviste varie tra le quali spiccava questo fantomatico “Antares”, un gioco da togliere il fiato. Solo mesi dopo, per una fortuita casualità, conobbi il suo vero titolo

Antiriad, quella scritta metal

Ero nel bel mezzo di una passeggiata nel Borgo, senza dovermi allontanare troppo da casa avevo tutto quello che mi serviva, compreso il negozio di Computer che rispondeva al nome di Marchisio. Le tasche erano spesso vuote ma quando dentro c’era qualche risparmio li era il primo posto dove si andava. E un sabato mattina, lo ricordo come fosse ieri, restai fulminato dalla copertina di un videogame. Come era possibile che un titolo utilizzasse il famoso font Iron Maiden? Loro furono la band che mi catapultò nel mondo della musica distorta, li veneravo letteralmente. Potete capire che ci mancò poco che svenni sul marciapiede. Ok, il logo Antiriad presenta alcune differenze rispetto al carattere “Metal Lord”, che a sua volta differisce dal design originale di Dennis Wilcocks, creato nel 1977. Ma poco importa, le finezze le lasciamo per un’altra volta, stiamo parlando del font Iron Maiden in un gioco. L’unica cosa possibile era entrare e dilapidare quella manciata di mila lire.

Antiriad era Antares, o viceversa…

Tornai a casa praticamente di corsa, entrai in camera mia ancora vestito e con la fronte sudata per ottimizzare i tempi. Mi misi li, in rigoroso silenzio ad assistere al sacro rituale del caricamento da cassetta. Chi non ha vissuto quei momenti non può capire, l’atmosfera era surreale. Era come se il tempo si fermasse, l’occhio correva nervoso tra il counter del datasette e il tv mentre i pensieri si accavallavano rapidi: “Va tutto bene. L’azimuth sarà ok? Ha rallentato.. Ah no, mi sono sbagliato. Ci sta mettendo troppo. Ecco, lo sapevo..”. Ma poi, quasi sempre, di colpo appariva la schermata!

The Sacred Armour of Antiriad

Che sorpresa quando vidi la schermata iniziale: era praticamente identica a quella di Antares ma con il nome diverso. Ecco, ma è lo stesso gioco! Credo fosse stata la prima volta in cui vidi uno dei fenomeni più rilevanti di quegli anni, ovvero la diffusione di un gioco famoso con un nome di fantasia. Del resto la pratica, in quegli anni anni 80, non era un reato: con pochi accorgimenti si poteva fare ed essere tollerati a livello legale. I supporti principali erano le classiche cassette, facilmente duplicabili e molto economiche. Nacquero tantissime riviste in edicola che allegavano cassette contenenti ognuna diversi giochi che dietro a nomi differenti proponevano lo stesso gioco. E noi della Banda di Borgo San Paolo ci dividevamo tra Magnifici cinque, Magnifici sette, Byte Games, Special Program, Hit parade e via discorrendo.

Quando i giochi avevano una storia da raccontare

Noi baldi giovani caricavamo il gioco, press play on tape, e ci davamo dentro. Non c’era la componente “movie” degli odierni giochi next gen che ci raccontavano man mano la storia, ne quintali di Giga di dati a disposizione per la programmazione. Negli anni 80 in pochi Kb ci facevi stare tutta la poesia e il romanticismo possibile, mentre veri e propri narratori scrivevano su carta trame che mai avremmo potuto vedere su schermo. Ecco, Antiriad non fa eccezione: siamo nel 2086, un tremendo Armageddon nucleare spazza via le civiltà di quel periodo. Il tema era caldo, siamo in piena guerra fredda, l’olocausto nucleare era l’unica via dato che le due fazioni entrano in guerra l’una contro l’altra quando i colloqui di pace diplomatici falliscono. Nei millenni successivi i sopravvissuti crescono in una razza resistente ma pacifica, che vive una tranquilla esistenza agricola.

L’uomo trova la pace ma arrivano gli Alieni

Da un vecchio vulcano, in cui c’era una base militare prebellica, misteriose forze aliene attaccano la pacifica popolazione, conquistandola e schiavizzandola. Ovviamente in molti si ribellano contro questi alieni e uno di questi ribelli, Tal, viene incaricato di un difficile compito: trovare la Sacra Armatura di Antiriad. Seguendo le istruzioni dei suoi anziani tribali, Tal dovrà individuare una tuta da battaglia usata nella vecchia apocalisse umana. Si dice che questa armatura renda chi lo indossa immune agli attacchi dei nemici alieni. Questa tuta si trova all’interno di un vulcano, bisogna cercarla e metterla in funzione per poi piazzare una bomba all’interno della roccaforte aliena. Per metterla in funzione Tal avrebbe dovuto trovare altre parti importanti: stivali antigravitazionali, un modulo scudo e un raggio pulsar. Infine si dovrà cercare una una mina ad implosione: questa è importante in quanto è l’arma necessaria per distruggere la base nemica dentro il vulcano.

Antiriad, il videogame

The Sacred Armour of Antiriad venne pubblicato da Palace Software nel 1986 per Amstrad CPC, Commodore 64, IBM PC compatibili, TRS-80 e ZX Spectrum. Epyx pubblicò il gioco per il mercato Nord Americano con il nome di Rad Warrior: anche qui si può notare come il richiamo al nucleare sia molto evidente. Il package del gioco originale era una delizia: esso includeva un fumetto di ben 16 pagine creato dall’artista grafico Daniel Malone. Antiriad resta l’unico progetto per C64 a cui abbia partecipato, per poi tornare alla ribalta negli anni 90 nel team di sviluppo Amiga dei Bitmap Brothers. The Sacred Armor of Antiriad è un mix davvero eccezionale di azione, platform e puzzle game. Il giocatore controlla Tal che, inizialmente, è semplicemente un uomo vestito tipo cavernicolo e armato di semplici pietre da lanciare. Più tardi, nel suo peregrinare, troverà la leggendaria armatura: indossandola si attiverà il suo pannello di stato sito nella parte bassa dello schermo.

Il capolavoro della tuta

Nella parte inferiore dello schermo appare un pannello che si attiva quando Tal indossa l’armatura. Ricordo l’emozione la prima volta che lo vidi accendersi, quando quel cruscotto grigio prese vita come se improvvisamente fosse arrivata corrente. Esso mostra alcuni importanti valori come l’energia della tuta e il livello di radiazioni esterno: questo aumenta man mano che ci si avvicina alla roccaforte aliena. Tal ha anche bisogno di trovare e raccogliere aggiunte all’armatura. Quello inizialmente più importante è il dispositivo antigravitazionale, che permette alla tuta di volare. Poi a mio avviso, per proseguire in maniera più rapida, è fondamentale il raggio pulsar, che ci permette di sparare. Lo scudo, o anche negatore di particelle, che protegge dalle alte radiazioni all’interno del vulcano è poi fondamentale, così come mina a implosione, per distruggere l’obiettivo finale.

La tuta e la sua energia

La tuta ha una propria energia che diminuisce toccando gli alieni; fortunatamente si ricarica raccogliendo delle celle energetiche. Può capitare che la si dovrà abbandonare temporaneamente: l’energia può scendere a zero ma l’armatura non può essere distrutta. Quando questa energia termina la tuta si ferma e Tal deve tornare a muoversi senza di essa. A volte dovremo uscire volontariamente da essa, per superare alcune barriere accessibili solo senza tuta. Fortunatamente siamo dotati di una sorta di teletrasporto che ci farà ritornare alla nostra armatura in modo da non impazzire nel ritrovarla.

Antiriad e le sue versioni

Commodore 64

Tanto per cambiare la versione per il biscottone è la migliore del lotto. Essa ha preso il meglio delle altre edizioni e le ha riunite insieme: troveremo grafica ad alta risoluzione tipica della SPECTRUM, ma con un notevole salto in avanti in termini di qualità degli sprite. Un fondale cromaticamente semplice ma dal ricchissimo dettaglio fa da cornice ad uno sprite principale strepitoso per il periodo. Dai colori ai frame di animazione non si poteva non restare a bocca aperta.

Le movenze di Tal, l’animazione quando risorge dalla morte, il suo girarsi e il modo in cui lancia i sassi sono un piacere per gli occhi e pone in secondo piano il controllo dello stesso non sempre preciso. La cosa a cui ci si deve abituare maggiormente è che si tratta di un gioco a schermate e perciò spesso ci si trova a dover calcolare nella schermata precedente il punto dove saltare per atterrare nella successiva. Inizialmente è frustrante, col tempo ci si prende la mano. Dobbiamo ringraziare giochi come Antiriad se oggi abbiamo una memoria di ferro, visto che dovevamo osservare e memorizzare i movimenti di ogni sprite nemico, in modo da non morire immediatamente ad ogni cambio di schermata.

La musica la ho sempre trovata spettacolare: composta da Richard Joseph, mi ricorda quelle colonne sonore di fantascienza di fine anni 70, molto d’atmosfera con repentine dosi di epicità. Il musicale si articola in tre parti: all’inizio il SID ci regala una melodia molto cupa, che accelera in una parte centrale straordinaria: arrivano le percussioni e la linea di basso incalza mentre il main theme si arricchisce di effetti. Tutto cambia in una parte con tastiere dense e profonde, effetti speciali e arpeggi davvero strani. L’incipit è lento ma epico e per concludere una terza parte più lineare, semplice ma molto piacevole. Nel gioco regna quasi sempre il silenzio, intervallato da sound FX che vanno dal bruttino al bizzarro, ma all’epoca sembravano miracolosi e comunque fanno il loro lavoro.

Amstrad CPC

Antiriad è uno dei giochi più sontuosi che siano mai stati prodotti su qualsiasi macchina a 8-bit in quel 1986, e non fa eccezione su Amstrad CPC, almeno dal punto di vista estetico. La grafica è semplicemente stupenda, definita e colorata. La modalità a schermate non comporta problemi, visto che l’azione è veloce e frenetica. Come nella versione per C64 gli effetti sonori sono scarni ma adeguati, mentre la musica di apertura è eccellente. Ma con il Joystick in mano qualche problema lo abbiamo: su AMSTRAD ogni movimento è lento. Sul Biscottone il problema era limitato, mentre qui è decisamente fastidioso.

Quando c’è più di uno sprite sullo schermo oltre a Tal il gioco pare soffrire e rallenta molto, la maggior parte dei movimenti sembra andare al rallentatore prima che avvenga l’azione richiesta. Ulteriore grattacapo è rappresentato dallo schermo che passa a quello adiacente quando siamo a circa 12 pixel di distanza dal bordo. Questo fu pensato per aiutare il giocatore, in modo che possa vedere con quel minimo di anticipo la schermata successiva. Purtroppo la resa rimane molto caotica e la cosa spiazza notevolmente. In definitiva una versione ricca di colore e musica che si perde, purtroppo, molta giocabilità per dei rallentamenti che potevano essere evitati.

ZX Spectrum

Nel 1986 sullo Spectrum raramente si era visto un simile spettacolo: sprite grandi, colorati (considerando che si parla dello ZX) e ottimamente animati. Tal si muove in modo molto convincente, mentre i nostri nemici sono animati in modo più semplice. Nel complesso pla grafica è sufficientemente pulita e chiara e non si innescano confusioni tra sprite e fondali. Come nelle altre versioni il monitor è diviso con l’area di gioco vera e propria nei tre quarti dello schermo, mentre il quarto inferiore è occupato dal pannello informativo dell’armatura.

L’audio rappresenta l’anello debole del gioco, come di consuetudine: abbiamo una musica nel menù iniziale, col semplice beeper dello Spectrum che cerca di replicare una sorta di riverbero con un’alternanza di note. Oltre a questo nel gioco troveremo solo qualche sporadico e poco evocativo effetto sonoro. La versione SPECTRUM non soffre di problemi nel cambio schermo, si può camminare fino al bordo dello schermo prima che esso cambi in quello successivo. La caratteristica molto positiva della versione SPECTRUM è quella di avere sprite ad alta risoluzione monocromatici, più complicati da gestire ma che danno una sensazione di qualità molto superiore alla media.

REMAKE PER PC

Nel 2003 Ovine by Design ha avuto un’idea geniale: rifare Antiriad per il concorso Retro Remakes. Non ne ero a conoscenza ma il mio amico di ventura L’anziano tempo fa me lo passò. Non finirò mai di ringraziarlo, lui si avrebbe avuto un posto d’onore nella Banda di Borgo San Paolo. Il risultato finale è davvero bello e porta con se un miglioramento dato dai tempi moderni: possiamo regolare la traiettoria quando lanciamo il sasso tenendo premuto il pulsante di tiro e contemporaneamente toccando il tasto su o giù. Davvero molto utile.

Credo di poter asserire con certezza che si tratta di un fantastico remake: il gioco si porta dietro un nome importante, apparso su quasi tutte le piattaforme di quel tempo. Giocarci è un piacere, trasmette in questo presente qualcosa che arriva direttamente dal passato: divertimento senza tanti fronzoli. Vi riporto qui sotto l’elenco dei comandi da tastiera necessari per giocare, dovrei provare a vedere se col Joypad funziona.
Esc = uscire da presentazione o dal gioco
Z = inizia il gioco – pulsante di fuoco
R = ridefinisci i tasti
Frecce sinistra / destra = muovi sinistra / destra
Freccia giù = prendi un oggetto
Z + frecce su / giù = mira in alto / in basso
X = salta

Riflessioni del Biker

Palace Software per noi era una garanzia: era riuscita a creare qualcosa di raffinato con un package da urlo, quel fumetto di 16 pagine dell’artista Dan Malone. Solo per questo avrebbe meritato l’acquisto originale. Il gioco ci faceva sognare, ci proiettava in un’avventura unica, dalle atmosfere lussureggianti quando siamo nella giungla e claustrofobiche in quelle all’interno del vulcanico. Richard Joseph ha messo la ciliegina sulla torta con la musica dei titoli, diventata poi un classico. Come tutti i titoli di quegli anni, The Sacred Armor of Antiriad era piuttosto difficile ma non impossibile da portare a termine, ci volevano nervi saldi e una buona memoria. Una menzione speciale alla parola “ANTIRIAD”, nata come una corruzione di “anti-radiation”. Questo mi ha sempre ricordato un qualcosa di antico, vecchio, che nei millenni ha perso il suo nome originale prendendone uno dall’eco leggendario. Un po come il misterioso V’ger del primo Motion Picture di STAR TREK, qualcosa di antico che ritorna. Un po come questi capolavori del passato, giochi usciti nella preistoria degli home computer ma che sono sempre qui, tra noi. E sono qui per restare, perché le leggende non muoiono mai.

Ora cari lettori vi saluto e vi do appuntamento al prossimo viaggio! Vi lascio qualche consiglio dal nostro blog.

Shinobi, l’arte di essere Ninja

SWOS 96-97 su Kickstart 1.3 o 1.2

Michele Novarina

Mic, tre lettere come negli highscore di una volta. Appassionato di videogames dagli albori degli anni 80.

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